sabato 18 giugno 2011

ELETTA LA NUOVA PRESIDENZA NAZIONALE PER IL TRIENNIO 2011-2014



Il Consiglio nazionale dell’Azione Cattolica Italiana, riunito a Roma presso la Domus Pacis, ha nominato i componenti della Presidenza nazionale dell’Associazione, in carica per il triennio 2011-2014.

Maria Graziano (diocesi di Gaeta) Vicepresidente per il Settore Adulti

Paolo Trionfini (diocesi Carpi) Vicepresidente per il Settore Adulti

Lisa Moni Bidin (diocesi di Concordia Pordenone) Vicepresidente per il Settore Giovani

Marco Sposito (diocesi di Gaeta) Vicepresidente per il Settore Giovani

Teresa Borrelli (diocesi di Bari) Responsabile nazionale dell’Azione Cattolica Ragazzi (Acr)

Gigi Borgiani (diocesi di Genova) Segretario generale

Michele Panajotti (diocesi di Chioggia) Amministratore nazionale

Dopo la riconferma di Franco Miano come Presidente nazionale dell’Azione Cattolica Italiana, avvenuta lo scorso 25 maggio in seno al Consiglio permanente della Conferenza Episcopale Italiana, si completa oggi l’organismo di Presidenza che guiderà l’Associazione per i prossimi tre anni. Il primo pensiero è per Papa Benedetto XVI, a cui i nuovi membri della Presidenza nazionale dell’AC hanno voluto rivolgere un filiale e affettuoso saluto. Rinnovando l’impegno d’Associazione ad essere sempre più disponibile nel suo servizio alla Chiesa, per onorare la dignità personale di ciascun uomo, con i suoi valori irrinunciabili, a cominciare dalla vita e dalla pace, dalla famiglia e dall’educazione, per camminare accanto a tutti e a ciascuno, per tessere insieme una trama viva di relazioni fraterne. L’impegno dell’Azione Cattolica, ieri come oggi e come domani, è spendersi in favore del bene comune, attraverso l’educazione alla responsabilità personale, all’impegno pubblico, al senso delle istituzioni, alla partecipazione, alla democrazia.

Roma, 18 giugno 2011

La presidenza diocesana e il consiglio agurano un buon lavoro alla nuova presidenza.

venerdì 17 giugno 2011

UNA BELLA STORIA DA RACCONTARE



Un sacerdote stava camminando in chiesa verso mezzogiorno e passando
dall'altare decise di fermarsi lì vicino per vedere chi era venuto a
pregare. In quel momento si aprì la porta, il sacerdote inarcò il
sopracciglio vedendo un uomo che si avvicinava; l'uomo aveva la barba
lunga di parecchi giorni, indossava una camicia consunta, aveva una
giacca vecchia i cui bordi avevano iniziato a disfarsi. L'uomo si
inginocchiò, abbassò la testa, quindi si alzò e uscì.
Nei giorni seguenti lo stesso uomo, sempre a mezzogiorno, tornava in
chiesa con una valigia... si inginocchiava brevemente e quindi usciva.
Il sacerdote, un po' spaventato, iniziò a sospettare che si trattasse
di un ladro, quindi un giorno si mise davanti alla porta della chiesa
e quando l'uomo stava per uscire dalla chiesa gli chiese: "Che fai

qui?" L'uomo gli rispose che lavorava in zona e aveva mezz'ora libera per il

pranzo e approfittava di questo momento per pregare, "Rimango solo un
momento, sai, perché la fabbrica è un po' lontana, quindi mi
inginocchio e dico: "Signore, sono venuto nuovamente per dirti quanto
mi hai reso felice quando mi hai liberato dai miei peccati... non so
pregare molto bene, però ti penso tutti i giorni... Beh, Gesù... qui
c'è Jim a rapporto"
Il padre si sentì uno stupido, disse a Jim che andava bene, che era il
benvenuto in chiesa quando voleva.
Il sacerdote si inginocchiò davanti all'altare, si sentì riempire il
cuore dal grande calore dell'amore e incontrò Gesù.
Mentre le lacrime scendevano sulle sue guance, nel suo cuore ripeteva
la preghiera di Jim:
"Sono venuto solo per dirti, Signore, quanto sono felice da quando ti
ho incontrato attraverso i miei simili e mi hai liberato dai miei
peccati... non so molto bene come pregare, però penso a te tutti i
giorni... Beh, Gesù... eccomi a rapporto!"
Dopo qualche tempo il sacerdote notò che il vecchio Jim non era
venuto. I giorni passavano e Jim non tornava a pregare.
Il padre iniziò a preoccuparsi e un giorno andò alla fabbrica a
chiedere di lui; lì gli dissero che Jim era malato e che i medici
erano molto preoccupati per il suo stato di salute, ma che tuttavia
credevano che avrebbe potuto farcela.

Nella settimana in cui rimase in ospedale Jim portò molti cambiamenti,
egli sorrideva sempre e la sua allegria era contagiosa. La caposala
non poteva capire perché Jim fosse tanto felice dato che non aveva mai
ricevuto né fiori, né biglietti augurali, né visite. Il sacerdote si
avvicinò al letto di Jim con l'infermiera e questa gli disse, mentre
Jim ascoltava:

"Nessun amico è venuto a trovarlo, non ha nessuno".

Sorpreso il vecchio Jim disse sorridendo: "L'infermiera si sbaglia...
però lei non può sapere che tutti i giorni, da quando sono arrivato
qui, a mezzogiorno, un mio amato amico viene, si siede sul letto, mi
prende le mani, si inclina su di me e mi dice: "Sono venuto solo per
dirti, Jim, quanto sono stato felice da quando ho trovato la tua
amicizia e ti ho liberato dai tuoi peccati.. Mi è sempre piaciuto
ascoltare le tue preghiere, ti penso ogni giorno..... Beh, Jim... qui
c'è GESU' a rapporto!"

Da oggi, ogni giorno, non possiamo perdere l'opportunità di dire a
Gesù: "Sono qui a rapporto!"
E' strano come inviamo frasi e barzellette attraverso la posta
elettronica..., però quando possiamo inviare messaggi spirituali, ci
pensiamo due volte prima di condividerli con altri.
E' strano come la lussuria cruda, volgare e oscena passa liberamente
attraverso il ciberspazio, mentre il parlare pubblicamente di Gesù sia
evitato nelle scuole o nell'ambiente di lavoro.
E' curioso, vero? Ma ancora più strano è come qualcuno possa essere
devoto a Cristo, la domenica, ed al tempo stesso essere un cristiano
invisibile per il resto della settimana.
E' strano pure se, quando hai terminato di leggere questo messaggio,
non Lo invii alle persone della tua rubrica postale perché non sei
sicuro di ciò che ne penseranno. Di ciò che penseranno di te.
E' curioso, mi preoccupo più di ciò che la gente pensa di me che di
ciò che Dio possa pensare di me!

sabato 4 giugno 2011

DIAMO VOCE ALLE IDEE

(Forum sull'educazione. Pubblichiamo il secondo articolo per un progetto di comunità educante )


“La conoscenza sarà di colui che vorrà vedere” (Plotino)

Una tipologia di apprendimento è quella che sfrutta i momenti di pensiero, in altri termini, si apprende non solo quando si fa, ma anche quando ci si ferma a pensare e riflettere. Il lavoro dell’insegnante non è solo mansione, ma anche creatività, infatti la lezione non è sempre la stessa, pur essendo sempre gli stessi alunni e la medesima classe con cui interagiamo.

Le idee non sono i concetti ma sono le visioni, forma, che ci danno la possibilità di vedere e osservare le cose. L’idea non ha il compito di risolvere i problemi ma di osservarli, di scrutarli, di riflettere e pensare sui problemi. Pertanto, nel nostro compito educativo è importante riguardare alle idee a noi familiari. Perché? In quanto, attraverso le idee possiamo pensare e pensarci per conoscere. Attraverso di esse si può attivare un pensiero riflessivo che, nei dettagli della quotidianità, può cogliere l’essenza della verità, ma soprattutto l’essenza della conoscenza e della consapevolezza del sé. Spesso abbiamo la presunzione di conoscere le persone che ci stanno intorno oppure abbiamo la bramosia di voler conoscere gli altri. Ma noi ci conosciamo veramente? Sappiamo chi siamo? “il nostro vero nome lo conoscono gli dei” (Potino). Le idee ci devono servire ad attivare un processo di conoscenza a intra, per poter conoscere a extra. Le attività formative hanno attraversato diverse fasi:

a) quella della conoscenza; bisogna riempire il “contenitore” vuoto, il quale poi è chiamato a restituire in maniera identica quanto appreso.

b) quella delle abilità e competenze; attraverso il fare si deve condurre l’alunno allo sviluppo di abilità e competenze, affinché questi possa manipolare il mondo che lo circonda.

c) quella del pensiero riflessivo; attraverso le idee e il pensiero riflessivo condurre i ragazzi alla consapevolezza del sé, quindi a conoscersi per essere.

Insegnare ai ragazzi a imparare a conoscersi, presuppone che il docente prenda consapevolezza della sua funzione tutoriale. Dentro ognuno di noi c’è sempre qualcosa di più di quello che è manifestato, sono i cosiddetti “punti ciechi” della nostra interiorità. I “punti ciechi” sono quelle realtà dove non si guarda mai, come se non esistessero , in realtà, però, ci sono e vivono dentro di noi, dentro la nostra più profonda interiorità. Imparare a conoscersi significa prendere in considerazione anche questi “punti ciechi” a noi poco manifesti, ma non per questo meno significativi per la nostra vita. Imparare a conoscersi è qualcosa di più della biografia dell’IO, è, invece, la biografia del sé. È importante prendere consapevolezza di quello che realmente siamo, non per autocompiacerci ma per uscire da sé ed entrare in relazione con gli altri. L’apprendimento è un processo relazionale, senza relazione con coloro che ci stanno attorno non si genera apprendimento, ma soltanto informazione. Oggi siamo bombardati da tante informazioni, questo bombardamento, però, non genera automaticamente apprendimento. Molti docenti sono convinti che ampliando il programma e moltiplicando le informazioni, automaticamente dovrebbe aumentare l’intensità dell’apprendimento. Nell’apprendimento non è sempre valida la formula causa-effetto. Spesso l’apprendimento è maggiore nei casi in cui il docente parla poco e fa parlare, invece, molto gli allievi. Cioè quando conduce gli allievi ad assumere un atteggiamento di pensiero riflessivo. È la relazione docente-alunno che sprigiona la forza motivazionale per un giusto apprendimento, ovviamente nella relazione non ci sono mai soggetti passivi e soggetti attivi, ma tutti sono attori protagonisti del processo di apprendimento. Secondo questa logica, anche l’insegnante mentre insegna apprende, quindi nella relazione s’innesca un processo di apprendimento generale che riguarda tutti gli attori coinvolti. In questo processo relazionale un elemento fondamentale che accomuna tutti i protagonisti è rappresentato dalla conoscenza. Questa ha un prezzo molto alto, poiché noi cresciamo nella conoscenza attraverso le nostre fragilità. La conoscenza si ha nella relazione con le persone, questo significa che bisogna compromettersi nella quotidianità se vogliamo fare qualcosa di buono. Nel processo di formazione l’educatore deve aiutare i propri allievi a saper differenziare l’Io usando il logos, questo vuol dire passare dalla fase logica a quella analogica. Formare significa fare crescere le persone, la crescita, a sua volta, comporta una continua limitazione o delimitazione, cioè dare forma. Pertanto, si deve passare da un processo d’insegnamento basato sulle risposte a uno incentrato sulle domande. in altre parole, son i dubi, gli interrogativi che ci spingono verso la conoscenza e la crescita, facendoci passare dai confini dell’IO a quelli del Sé. Oggi si parla di terza fase della formazione, quella del pensiero riflessivo. In sintesi, questa terza formazione consiste in un processo di riflessione-interpretazione, immaginazione-narrazione.

Il processo educativo deve condurre i ragazzi a passare dal romanzo dell’Io al racconto del sé, in altre parole, si tratta di orientare gli allievi a essere ciò che sono. L’educatore non è il “messia” salvifico degli alunni, ma colui che, con tutte le sue fragilità umane, ha il compito di orientare i suoi allievi verso direzioni di senso, questi allievi, a loro volta, consapevoli del loro sé faranno delle scelte coerenti con il loro modo di essere. Gli educatori non hanno il compito di aiutare i loro allievi a diventare qualcuno, ma quello di educarli a essere persone, orientandoli nella conoscenza per crescere ed essere.

Guglielmo Borgia

UNA STORIA CHE CI UNISCE

“Vivere la fede, amare la vita e impegno per l’educazione”! Questo il filo conduttore della festa degli incontri che l’Azione Cattolica ha celebrato il 2 giugno a Gela, presso la parrocchia S. Giovanni Evangelista. Particolarmente calorosa e fraterna l’accoglienza degli amici di Gela, il clima è quello dei grandi eventi, si respira un’aria di festa, di unità, amicizia, fratellanza. L’entusiasmo cresce man mano che arrivano le persone, tutti si sentono elettrizzati e pronti per festeggiare i 150 anni dell’Unità d’Italia e i 143 anni di fondazione dell’Azione Cattolica. “Una storia che ci unisce” nel comune impegno per l’educazione e la promozione dei valori umani. Il delegato regionale, Ninni Salerno, ha messo in evidenza il ruolo che hanno avuto tanti soci dell’Azione Cattolica nella promozione di una cittadinanza attiva, tesa al bene della comunità civile ed ecclesiale. Salerno ribadisce con forza che oggi, così come nel passato, siamo chiamati a vivere tra la “Piazza e il Campanile”, tra l’impegno ecclesiale e la partecipazione attiva nella società, tra l’essere uomini di Chiesa e “Cittadini degni del Vangelo” che vivono con coerenza il loro Battesimo nella quotidianità. Il 2 giugno l’Azione Cattolica a Gela, con forza e determinazione, richiama tutti i cristiani, aderenti e simpatizzanti, “cristiani della domenica” e amici impegnati in altre associazioni e movimenti ecclesiali, all’unità e a un comune impegno per l’educazione e il Bene Comune, un impegno che si deve attuare, soprattutto, con l’Amore, “solo chi ama educa”! L’impegno per l’educazione della persona necessita tanto amore ma anche organizzazione, formazione, studio e progettualità. Pertanto, nel giorno dei 65 anni della Repubblica l’Azione Cattolica giura fedeltà alla Nazione e alla Chiesa, mettendo a disposizione della comunità ecclesiale e civile la sua lunga esperienza nel campo educativo e della formazione. Alla fine della giornata, dopo il canto dell’inno d’Italia, i soci hanno invocato l’intercessione dei santi e beati dell’Azione Cattolica per ricevere sostegno e protezione in questo impegno educativo e sociale cui siamo chiamati nel prossimo decennio pastorale dedicato all’educazione. Ciò che conta è amare, ciò che vale è educare. Se faremo questo, alla fine cosa guadagneremo? Un posto tra i Beati!