giovedì 22 maggio 2014

Matteo Truffelli è il nuovo presidente nazionale Ac



L'AZIONE CATTOLICA DELLA DIOCESI DI PIAZZA ARMERINA AUGURA A MATTEO UN PROFICUO SERVIZIO PER IL BENE DELL'AC E DELLA CHIESA


Accolgo la designazione alla presidenza nazionale dell’Azione Cattolica Italiana esprimendo innanzitutto tanta gratitudine al Consiglio nazionale dell’Associazione e ai Vescovi italiani, che mi hanno chiamato a una responsabilità così bella e impegnativa. Affido al Signore il cammino che mi attende, certo di poter prendere il largo senza timore sulla sua Parola. La consapevolezza dei miei limiti personali è inoltre mitigata dalla certezza che in Azione cattolica non c’è responsabilità personale che non sia anche corresponsabilità, non c’è scelta che non sia l’esito di un discernimento comune, e che dunque nel mio compito sarò affiancato e sostenuto da tutta l’Associazione.
La fiducia che i nostri Vescovi hanno riposto nella mia persona è la rinnovata espressione di quella «stima» e di quell’«affetto», di quella «simpatia e fiducia» con cui i nostri Pastori guardano all’Azione Cattolica Italiana, come ci ha ribadito il cardinale Angelo Bagnasco nella sua omelia del 3 maggio all’Assemblea nazionale. A tutti i nostri Vescovi mi sento di dire in questo momento che, come abbiamo scritto nel Messaggio finale della XV Assemblea nazionale dell’Ac «noi ci siamo, nei piccoli centri di mare o di montagna, come nei grandi conglomerati urbani, nei quartieri dove straripa il malaffare e nelle cittadine operose e produttive. Ci siamo per sostenere la ricerca di senso e speranza che alberga nel cuore di ciascuno. Ci siamo per costruire “sentieri di gioia” con i ragazzi, i giovani e gli adulti dei nostri territori. Ci siamo per testimoniare l’amore privilegiato di Dio verso chi si sente vinto dalle difficoltà, in particolare i giovani senza lavoro, le famiglie in crisi, gli anziani soli, gli immigrati sfruttati, i poveri senza speranza».
L’impegno che attende l’Associazione si colloca nel solco del cammino compiuto in questi anni. Sento forte la gratitudine per i miei predecessori, in particolare per Franco Miano, che ha vissuto il suo servizio associativo con straordinaria generosità, intelligente sapienza, profonda umanità e grande fede.
Desidero inoltre dire oggi il mio grazie all’Associazione, che fin da quando ero ragazzo mi ha accompagnato nella vita e nel cammino di fede. Rivolgo un saluto affettuoso a tutti i bambini, i ragazzi, i giovani e gli adulti che animano la vita delle parrocchie e delle città in tutto il Paese: il vostro impegno e la vostra testimonianza sono il segno più bello e il contributo più prezioso che l’Associazione può donare per il bene di tutti. Continueremo a camminare insieme per un’Azione Cattolica sempre più capace di essere «corresponsabile della gioia di vivere» delle persone. Un’Azione Cattolica che si faccia sempre più vicina alla vita delle persone, alle loro attese e speranze, alle loro sofferenze e povertà, alla loro ricerca di una piena umanità, per testimoniare a tutti la gioia che nasce dal Vangelo e da una fede che cambia la vita.
Vogliamo assumere in modo pieno i tre verbi che ci ha affidato Papa Francesco nell’incontro del 3 maggio e che ancora risuonano nei cuori dei più di seimila presidenti e assistenti parrocchiali di Ac presenti quel giorno: «rimanere con Gesù», «andare per le strade», «gioire ed esultare sempre nel Signore». Tre consegne che possono essere sintetizzate in un’altra espressione, «scelta missionaria», con cui il Santo Padre ci ha indicato la strada da percorrere. A lui va un pensiero colmo di gratitudine, per il suo magistero fatto di gesti, di segni e di parole, di misericordia e di gioia. Penso in particolare al viaggio che tra pochi giorni lo vedrà pellegrino in Terra Santa. Tutta l’Azione Cattolica lo accompagnerà con l’affetto e con la preghiera, nella certezza che il pellegrinaggio potrà contribuire a sgretolare tanti muri: quelli che dividono i cuori delle persone, di tutti noi, quelli che dividono gli uomini tra loro, le culture, le religioni, e anche quelli che dividono quella Terra straordinaria e sofferente cui tutti siamo ci sentiamo legati.
Un pensiero non può che andare, infine, al ricordo di Vittorio Bachelet, che esattamente cinquant’anni fa, in questi giorni, venne nominato alla presidenza generale dell’Associazione. Con lui vorrei dire che l’Azione Cattolica continua, come allora, ad esistere non per se stessa ma per «aiutare gli italiani ad amare Dio e ad amare gli uomini» (Scritti ecclesiali p. 1064)".

Il saluto del Presidente uscente Franco Miano
Al termine del mio mandato di Presidente nazionale dell’Azione Cattolica Italiana, vorrei esprimere la gioia e la gratitudine che avverto forte dentro di me.
Prima di tutto la gioia. Ringrazio il Signore per questo tempo bellissimo, in cui mi è stata data la possibilità di servire l’Associazione e la Chiesa, un tempo sostenuto dall'incoraggiamento del Santo Padre, dall'affetto dei nostri vescovi e reso indimenticabile dalle tante storie di impegno generoso e responsabile incontrate girando l'Italia. Motivo di grande gioia è la nomina di Matteo Truffelli a Presidente nazionale per il triennio 2014-2017. L'avvicendamento nel servizio all’Ac nazionale nell'ottica della corresponsabilità è un segno bello e importante della continuità nella vita associativa e del cammino sempre nuovo a cui l’Azione Cattolica è chiamata. Ma la gioia per questa nomina è ancora più grande perché Matteo sarà sicuramente una bella figura di Presidente in quanto è persona sobria ed essenziale, forte e generosa, colta e semplice, laico credente e ricco di passione associativa, testimone del Risorto.
Accanto alla gioia c'è in me una profonda gratitudine. La gratitudine che viene dall'aver toccato con mano come il Signore accompagni sempre le nostre vie orientandole a Lui, la gratitudine per Santo Padre, il quale, a ideale conclusione della XV Assemblea, il 3 maggio ci ha accolto nella sua “casa”, affidandoci tre importanti consegne secondo le quali ci impegniamo a camminare, la gratitudine alla Presidenza e al Consiglio episcopale permanente della Conferenza episcopale che hanno rinnovato la loro fiducia nei confronti dell'Associazione. Un sentimento di particolare gratitudine va poi  ai membri della Presidenza e del Consiglio nazionale, con i quali abbiamo condiviso questo magnifico tratto di strada, e a ogni amico dell’Ac di cui ho stretto la mano e il cui volto porto nel cuore.
Continuiamo a servire il Signore raccontando le sue meraviglie attraverso questa splendida esperienza di impegno che è stata ed è fonte di bene per le nostre vite e per la vita della Chiesa e del Paese.

mercoledì 21 maggio 2014

La corresponsabilità dei laici nella vita della Chiesa

DIO come può crescere? Come può aumentare se è già tutto?

Dio può crescere e aumentare nell’uomo, annullandosi nel farsi uomo, questo è il di più di Dio. Questo annullarsi di Dio avviene secondo il paradigma del “prendersi cura”. Tutta l’opera della creazione e di salvezza e d’incarnazione, passione, morte e resurrezione è compiuta da Dio secondo il paradigma della Cura, del prendersi cura dell’uomo, come un padre si prende cura del proprio figlio. La cura di Dio non è filantropia ma atteggiamento di Amore. La creazione è un atto di amore, tutti gli interventi di Dio nella storia dell’uomo sono generati da un atto di amore, l’annullamento di Dio fino a farsi uomo e a morire da uomo sulla croce e la sua resurrezione sono un atto di amore per l’umanità, sia per i credenti, sia per i non credenti. A coloro che non credono è data la grazia e i benefici di questo di più di Dio che entra nella storia, muore per questa storia e risorge per inaugurare una nuova ed eterna storia, quella delle beatitudini. Ai credenti è data l’abbondanza della grazia e i doni dello Spirito ma anche la missione di testimoniare tutto questo, quindi la responsabilità della GIOIA! Tutti i credenti hanno la responsabilità di annunziare al mondo questo di più di Dio, questo suo entrare nella storia per trasformare la storia, da storia di peccato e di morte, di disperazione a storia di salvezza, di gioia, di felicità eterna. Per cui Pietro davanti al sinedrio può dire: “noi e lo Spirito Santo siamo testimoni che Cristo è morto ed è risorto, di questo noi non possiamo tacere…” come per dire, potete anche ucciderci, ma non possiamo non dire e raccontare quello che abbiamo visto, perché ne siamo responsabili, cioè se voi ci interrogati noi ne rispondiamo personalmente, nel senso che ne parliamo non perché lo abbiamo sentito dire a qualcuno, ma perché di persona abbiamo visto e udito queste cose che vi diciamo! Chi sono le donne a cui Gesù affida il compito di dire agli apostoli…è risorto, vi precede in Galilea, cioè quale è il loro stato, sono consacrati? No! Sono laici.
Chi sono i due discepoli di Emmaus? Anche loro sono laici. Delusi di una situazione perché non hanno compreso, come spesso succede a molti di noi, perché pensiamo non secondo lo Spirito ma secondo la carne, infatti,  allo spezzar del pane si aprono i loro occhi e lo riconoscono nell’ “Eucaristia”.
Chi sono Adamo e Eva? Ai quali è affidato il compito di continuare l’opera di creazione del mondo? Anche loro sono laici. Una prima considerazione: l’uomo, l’umanità, la comunità dei credenti è responsabile di questa GIOIA che deve annunciare. A chi? Ai non credenti, affinchè credano e credendo abbiano la vita eterna. Tutti i credenti siamo depositari di una “fede che dà forma alla vita”, una fede che chiama alla santità. Quindi siamo corresponsabili della “vita buona del vangelo”.Come laici quale è il nostro ambito di intervento? Dove siamo chiamati a rendere evidente questo di più di Dio? C’è un confine dentro il quale dobbiamo stare? Nelle azioni sacre principalmente, ma quali sono le azioni sacre? Il lavoro è un’azione sacra? L’educazione dei figli? Che cosa è sacro e cosa non lo è? Dopo Gesù, e soprattutto dopo la sua risurrezione, è ancora il caso di portare avanti questo dualismo, ma non è vero che in lui e per lui tutto è stato consacrato? Se è vero che lui ha vinto la morte, se è vero che lui con la sua incarnazione, passione, morte e risurrezione ha inaugurato cieli nuovi e terra nuova, se è verso che viviamo nell’ultimo giorno ed è come se da quel girono di risurrezione tutto questo che stiamo vivendo è il tempo di risurrezione, giorno del Signore, è lecito distinguere le azioni sacre da non sacre? Penso proprio di no! Altrimenti parlare di Cristo equivale a parlare di uno qualsiasi che ha fatto un bella impresa.  Se interroghiamo la storia, di persone che hanno fatto grandi cose c’è ne sono, anche il buon ladrone è morto in croce. Al tempo di Gesù per uno che non era cittadino romano non era difficile finire in croce. Dove sta il di più di Dio e di Cristo? Quello di aver Santificato con la sua morte e resurrezione il mondo. Di aver reso sacro tutto. Semmai dovremmo distinguere tra azioni sacre e azioni liturgiche, ecc. Quindi, il primo ambito di intervento dove si esplica la nostra corresponsabilità è la celebrazione Eucaristica: fonte e culmine della vita cristiana per tutti i credenti, laici, sacerdoti, religiosi. Da lì tutto ha avuto origine e lì tutto deve tendere e ritornare, l’eucaristia è l’anticipazione del banchetto eterno che i beati  faranno/faremo nella Gerusalemme celeste. Nell’eucaristia chi celebra è tutta la comunità sotto la presidenza di Cristo che nel sacerdote si rende  presente  ma contemporaneamente la sua presenza c’è  in tutti i battezzati, sta qui il mistero della corresponsabilità. Pertanto, in quella celebrazione tutti siamo corresponsabili del mistero eucaristico, perché in Cristo formiamo una comunione. Dobbiamo prendere consapevolezza che la Chiesa a cui apparteniamo è ministeriale. S. Paolo ci insegna: “diversità di ministeri ma unità di missione”. Ogni ministero nella Chiesa è funzionale alla missione e di questo tutti ne siamo responsabili. C’è forse qualcuno che mi può impedire di raccontare le meraviglie che Dio ha fatto nella mia vita? C’è qualcuno che mi deve autorizzare a raccontare la gioia della GIOIA? Cioè la bellezza e la gioia di un incontro che ti cambia la vita? Cioè di quel di più di Dio che si è annullato, incarnandosi, patendo, morendo e che è Risorto. Di questo lieto evento tutti ne siamo responsabili!
 

giovedì 27 febbraio 2014

MONS. ROSARIO GISANA VESCOVO DI PIAZZA ARMERINA

Mons. Rosario Gisana vicario episcopale per la pastorale della diocesi di Noto è il nuovo Pastore della Diocesi di Piazza Armerina. L'Azione cattolica diocesana saluta con gioia il nuovo vescovo e si augura di poterlo incontrare presto per manifestargli l'amore e il bene di figli affettuosi che si rendono fin da subito disponibili per il servizio corresponsabile a cui ci vorrà chiamare. 
di seguito pubblichiamo il messaggio integrale  di Mons. ROSARIO GISANA
alla Comunità Diocesana di Piazza Armerina.
                                                                   

Carissimi,
            prendo spunto dalla preghiera di Paolo, che si legge in Ef 3,14-21, per rivolgere a tutti un affettuoso saluto. Mi dispongo a piegare le ginocchia davanti a Dio, perché non mi faccia mancare la sua assistenza nel condividere una paternità che è riflesso della sua bontà di Padre. I segni di tale misericordia sono presenti ovunque, e laddove germina il bene la paternità divina rifulge, assicura e accompagna (cfr. 1Cor 3,7). Chiedo con umiltà che la mia testimonianza di fede in mezzo a voi, protesa a rimarcare la potenza di Gesù crocifisso (cfr. 1Cor 1,17-18), possa richiamare questa paternità (cfr. 1Pt 1,3-5). Non importano le modalità di espressione, legate spesso alle proprie debolezze: quello che conta è che ogni gesto possa rimandare a Dio, affinché non si perda mai di vista la centralità della sua signoria nella nostra vita. Comprendo che questo servizio innerva ogni attività pastorale e dà alla fede un senso di autentica ecclesialità. Anche lo spirito di comunione, che dovrebbe circolare abbondante nelle nostre relazioni, nasce da quest’attenzione al regno di Dio in mezzo a noi. Fiducioso nella potenza di questo regno, condivideremo assieme la gioia della testimonianza di fede, la quale permetterà che il vangelo arrivi a tutti e in particolare a coloro che lo custodiscono per diritto: i poveri (cfr. Lc 4,18; 7,22). Tale impegno incita ad avere uno sguardo di solidarietà verso quanti vivono nel bisogno. Piegando le ginocchia, chiedo allora al Signore che la sua paternità mi plasmi, per ascoltare con il suo cuore grande (cfr. 2Pt 3,9) le vostre attese e le vostre inquietudini e per estendere insieme con voi l’amore sovrabbondante di Cristo a quanti faticano nell’accoglierlo.
     Sono grato a Dio per questo dono che siete voi. Egli vi rafforzi nella plasmazione dell’uomo interiore che è pienezza dell’inabitazione di Cristo (cfr. 1Cor 3,16-17). Ireneo, parlando dell’uomo interiore, fa capire che esso è segno visibile di comunione fraterna. Cristo ricapitola a sé ogni cosa e compie un atto d’amore gratuito: Egli «riunisce l’uomo allo Spirito, e colloca lo Spirito nell’uomo, per renderlo testa dello Spirito; e lo Spirito dà all’uomo di essere testa. Per mezzo di lui infatti noi vediamo, ascoltiamo e parliamo». Quanto afferma Ireneo nella sua opera Contro le eresie sembra esplicativo dell’espressione paolina «ricchezza della sua gloria», i cui segni si ravvisano proprio nel modo con cui si prova a condividere la comunione fraterna. Essa, che appartiene al dono della paternità di Dio, si attua migliorando il modo di incontrarsi: ci si vede reciprocamente con lo sguardo benevolo di Gesù, ci si ascolta con quella sensibilità che è soffocamento di ogni pregiudizio e ci si parla raccontando le meraviglie che il Signore compie nella nostra vita senza alcun merito. Ma quello che genera sbigottimento è che la nostra umanità, in virtù dell’amore di Cristo che oltrepassa ogni possibile conoscenza, si congiunge allo Spirito (cfr. Rm 8,9-11). La rappacificazione di ciò che in noi è sovente elemento di contrasto (cfr. Gal 5,17) è segno di quello a cui siamo stati chiamati per il battesimo: essendo già pienezza di Dio esercitiamo con gioia quella comunione fraterna in cui vigono le modalità dell’amore di Cristo.
     A questo tendo e guardo, confidando in ciò che opera in noi: ladynamis del vangelo, la forza straordinaria della presenza di Gesù. Nulla turbi la testimonianza della fede, sia perché essa è sollecitata dall’attesa di Colui che tornerà allo stesso modo con cui gli apostoli l’hanno visto ascendere al cielo (cfr. At 1,11), sia perché il suo amore magnificente continua ad operare il bene con quell’elargizione gratuita che abbiamo appreso dalla sua croce (cfr. Ef 2,14-18). Mi unisco così alla preghiera di Clemente Romano perché quanto oso affidare al Signore possa largamente compiersi nella vostra vita: «Tu infatti Signore del cielo e re dei secoli, dona ai figli degli uomini gloria, onore e autorevolezza su quanto esiste in terra; tu, o Signore conduce a buon fine il loro volere secondo ciò che è buono e gradito davanti a te, affinché, esercitando nella pace e con mitezza, in maniera devota, l’autorevolezza da te ricevuta, ti trovino misericordioso. Te solo capace di attuare questo bene per noi anche in modo sovrabbondante, te solo confessiamo nella fede per mezzo del sommo sacerdote e protettore delle nostre anime, Gesù Cristo, per il quale a te la gloria e la magnificenza di generazione in generazione ora e nei secoli dei secoli. Amen». 


Noto, 27.02.2014


                                                                    don Rosario