giovedì 22 maggio 2014

Matteo Truffelli è il nuovo presidente nazionale Ac



L'AZIONE CATTOLICA DELLA DIOCESI DI PIAZZA ARMERINA AUGURA A MATTEO UN PROFICUO SERVIZIO PER IL BENE DELL'AC E DELLA CHIESA


Accolgo la designazione alla presidenza nazionale dell’Azione Cattolica Italiana esprimendo innanzitutto tanta gratitudine al Consiglio nazionale dell’Associazione e ai Vescovi italiani, che mi hanno chiamato a una responsabilità così bella e impegnativa. Affido al Signore il cammino che mi attende, certo di poter prendere il largo senza timore sulla sua Parola. La consapevolezza dei miei limiti personali è inoltre mitigata dalla certezza che in Azione cattolica non c’è responsabilità personale che non sia anche corresponsabilità, non c’è scelta che non sia l’esito di un discernimento comune, e che dunque nel mio compito sarò affiancato e sostenuto da tutta l’Associazione.
La fiducia che i nostri Vescovi hanno riposto nella mia persona è la rinnovata espressione di quella «stima» e di quell’«affetto», di quella «simpatia e fiducia» con cui i nostri Pastori guardano all’Azione Cattolica Italiana, come ci ha ribadito il cardinale Angelo Bagnasco nella sua omelia del 3 maggio all’Assemblea nazionale. A tutti i nostri Vescovi mi sento di dire in questo momento che, come abbiamo scritto nel Messaggio finale della XV Assemblea nazionale dell’Ac «noi ci siamo, nei piccoli centri di mare o di montagna, come nei grandi conglomerati urbani, nei quartieri dove straripa il malaffare e nelle cittadine operose e produttive. Ci siamo per sostenere la ricerca di senso e speranza che alberga nel cuore di ciascuno. Ci siamo per costruire “sentieri di gioia” con i ragazzi, i giovani e gli adulti dei nostri territori. Ci siamo per testimoniare l’amore privilegiato di Dio verso chi si sente vinto dalle difficoltà, in particolare i giovani senza lavoro, le famiglie in crisi, gli anziani soli, gli immigrati sfruttati, i poveri senza speranza».
L’impegno che attende l’Associazione si colloca nel solco del cammino compiuto in questi anni. Sento forte la gratitudine per i miei predecessori, in particolare per Franco Miano, che ha vissuto il suo servizio associativo con straordinaria generosità, intelligente sapienza, profonda umanità e grande fede.
Desidero inoltre dire oggi il mio grazie all’Associazione, che fin da quando ero ragazzo mi ha accompagnato nella vita e nel cammino di fede. Rivolgo un saluto affettuoso a tutti i bambini, i ragazzi, i giovani e gli adulti che animano la vita delle parrocchie e delle città in tutto il Paese: il vostro impegno e la vostra testimonianza sono il segno più bello e il contributo più prezioso che l’Associazione può donare per il bene di tutti. Continueremo a camminare insieme per un’Azione Cattolica sempre più capace di essere «corresponsabile della gioia di vivere» delle persone. Un’Azione Cattolica che si faccia sempre più vicina alla vita delle persone, alle loro attese e speranze, alle loro sofferenze e povertà, alla loro ricerca di una piena umanità, per testimoniare a tutti la gioia che nasce dal Vangelo e da una fede che cambia la vita.
Vogliamo assumere in modo pieno i tre verbi che ci ha affidato Papa Francesco nell’incontro del 3 maggio e che ancora risuonano nei cuori dei più di seimila presidenti e assistenti parrocchiali di Ac presenti quel giorno: «rimanere con Gesù», «andare per le strade», «gioire ed esultare sempre nel Signore». Tre consegne che possono essere sintetizzate in un’altra espressione, «scelta missionaria», con cui il Santo Padre ci ha indicato la strada da percorrere. A lui va un pensiero colmo di gratitudine, per il suo magistero fatto di gesti, di segni e di parole, di misericordia e di gioia. Penso in particolare al viaggio che tra pochi giorni lo vedrà pellegrino in Terra Santa. Tutta l’Azione Cattolica lo accompagnerà con l’affetto e con la preghiera, nella certezza che il pellegrinaggio potrà contribuire a sgretolare tanti muri: quelli che dividono i cuori delle persone, di tutti noi, quelli che dividono gli uomini tra loro, le culture, le religioni, e anche quelli che dividono quella Terra straordinaria e sofferente cui tutti siamo ci sentiamo legati.
Un pensiero non può che andare, infine, al ricordo di Vittorio Bachelet, che esattamente cinquant’anni fa, in questi giorni, venne nominato alla presidenza generale dell’Associazione. Con lui vorrei dire che l’Azione Cattolica continua, come allora, ad esistere non per se stessa ma per «aiutare gli italiani ad amare Dio e ad amare gli uomini» (Scritti ecclesiali p. 1064)".

Il saluto del Presidente uscente Franco Miano
Al termine del mio mandato di Presidente nazionale dell’Azione Cattolica Italiana, vorrei esprimere la gioia e la gratitudine che avverto forte dentro di me.
Prima di tutto la gioia. Ringrazio il Signore per questo tempo bellissimo, in cui mi è stata data la possibilità di servire l’Associazione e la Chiesa, un tempo sostenuto dall'incoraggiamento del Santo Padre, dall'affetto dei nostri vescovi e reso indimenticabile dalle tante storie di impegno generoso e responsabile incontrate girando l'Italia. Motivo di grande gioia è la nomina di Matteo Truffelli a Presidente nazionale per il triennio 2014-2017. L'avvicendamento nel servizio all’Ac nazionale nell'ottica della corresponsabilità è un segno bello e importante della continuità nella vita associativa e del cammino sempre nuovo a cui l’Azione Cattolica è chiamata. Ma la gioia per questa nomina è ancora più grande perché Matteo sarà sicuramente una bella figura di Presidente in quanto è persona sobria ed essenziale, forte e generosa, colta e semplice, laico credente e ricco di passione associativa, testimone del Risorto.
Accanto alla gioia c'è in me una profonda gratitudine. La gratitudine che viene dall'aver toccato con mano come il Signore accompagni sempre le nostre vie orientandole a Lui, la gratitudine per Santo Padre, il quale, a ideale conclusione della XV Assemblea, il 3 maggio ci ha accolto nella sua “casa”, affidandoci tre importanti consegne secondo le quali ci impegniamo a camminare, la gratitudine alla Presidenza e al Consiglio episcopale permanente della Conferenza episcopale che hanno rinnovato la loro fiducia nei confronti dell'Associazione. Un sentimento di particolare gratitudine va poi  ai membri della Presidenza e del Consiglio nazionale, con i quali abbiamo condiviso questo magnifico tratto di strada, e a ogni amico dell’Ac di cui ho stretto la mano e il cui volto porto nel cuore.
Continuiamo a servire il Signore raccontando le sue meraviglie attraverso questa splendida esperienza di impegno che è stata ed è fonte di bene per le nostre vite e per la vita della Chiesa e del Paese.

mercoledì 21 maggio 2014

La corresponsabilità dei laici nella vita della Chiesa

DIO come può crescere? Come può aumentare se è già tutto?

Dio può crescere e aumentare nell’uomo, annullandosi nel farsi uomo, questo è il di più di Dio. Questo annullarsi di Dio avviene secondo il paradigma del “prendersi cura”. Tutta l’opera della creazione e di salvezza e d’incarnazione, passione, morte e resurrezione è compiuta da Dio secondo il paradigma della Cura, del prendersi cura dell’uomo, come un padre si prende cura del proprio figlio. La cura di Dio non è filantropia ma atteggiamento di Amore. La creazione è un atto di amore, tutti gli interventi di Dio nella storia dell’uomo sono generati da un atto di amore, l’annullamento di Dio fino a farsi uomo e a morire da uomo sulla croce e la sua resurrezione sono un atto di amore per l’umanità, sia per i credenti, sia per i non credenti. A coloro che non credono è data la grazia e i benefici di questo di più di Dio che entra nella storia, muore per questa storia e risorge per inaugurare una nuova ed eterna storia, quella delle beatitudini. Ai credenti è data l’abbondanza della grazia e i doni dello Spirito ma anche la missione di testimoniare tutto questo, quindi la responsabilità della GIOIA! Tutti i credenti hanno la responsabilità di annunziare al mondo questo di più di Dio, questo suo entrare nella storia per trasformare la storia, da storia di peccato e di morte, di disperazione a storia di salvezza, di gioia, di felicità eterna. Per cui Pietro davanti al sinedrio può dire: “noi e lo Spirito Santo siamo testimoni che Cristo è morto ed è risorto, di questo noi non possiamo tacere…” come per dire, potete anche ucciderci, ma non possiamo non dire e raccontare quello che abbiamo visto, perché ne siamo responsabili, cioè se voi ci interrogati noi ne rispondiamo personalmente, nel senso che ne parliamo non perché lo abbiamo sentito dire a qualcuno, ma perché di persona abbiamo visto e udito queste cose che vi diciamo! Chi sono le donne a cui Gesù affida il compito di dire agli apostoli…è risorto, vi precede in Galilea, cioè quale è il loro stato, sono consacrati? No! Sono laici.
Chi sono i due discepoli di Emmaus? Anche loro sono laici. Delusi di una situazione perché non hanno compreso, come spesso succede a molti di noi, perché pensiamo non secondo lo Spirito ma secondo la carne, infatti,  allo spezzar del pane si aprono i loro occhi e lo riconoscono nell’ “Eucaristia”.
Chi sono Adamo e Eva? Ai quali è affidato il compito di continuare l’opera di creazione del mondo? Anche loro sono laici. Una prima considerazione: l’uomo, l’umanità, la comunità dei credenti è responsabile di questa GIOIA che deve annunciare. A chi? Ai non credenti, affinchè credano e credendo abbiano la vita eterna. Tutti i credenti siamo depositari di una “fede che dà forma alla vita”, una fede che chiama alla santità. Quindi siamo corresponsabili della “vita buona del vangelo”.Come laici quale è il nostro ambito di intervento? Dove siamo chiamati a rendere evidente questo di più di Dio? C’è un confine dentro il quale dobbiamo stare? Nelle azioni sacre principalmente, ma quali sono le azioni sacre? Il lavoro è un’azione sacra? L’educazione dei figli? Che cosa è sacro e cosa non lo è? Dopo Gesù, e soprattutto dopo la sua risurrezione, è ancora il caso di portare avanti questo dualismo, ma non è vero che in lui e per lui tutto è stato consacrato? Se è vero che lui ha vinto la morte, se è vero che lui con la sua incarnazione, passione, morte e risurrezione ha inaugurato cieli nuovi e terra nuova, se è verso che viviamo nell’ultimo giorno ed è come se da quel girono di risurrezione tutto questo che stiamo vivendo è il tempo di risurrezione, giorno del Signore, è lecito distinguere le azioni sacre da non sacre? Penso proprio di no! Altrimenti parlare di Cristo equivale a parlare di uno qualsiasi che ha fatto un bella impresa.  Se interroghiamo la storia, di persone che hanno fatto grandi cose c’è ne sono, anche il buon ladrone è morto in croce. Al tempo di Gesù per uno che non era cittadino romano non era difficile finire in croce. Dove sta il di più di Dio e di Cristo? Quello di aver Santificato con la sua morte e resurrezione il mondo. Di aver reso sacro tutto. Semmai dovremmo distinguere tra azioni sacre e azioni liturgiche, ecc. Quindi, il primo ambito di intervento dove si esplica la nostra corresponsabilità è la celebrazione Eucaristica: fonte e culmine della vita cristiana per tutti i credenti, laici, sacerdoti, religiosi. Da lì tutto ha avuto origine e lì tutto deve tendere e ritornare, l’eucaristia è l’anticipazione del banchetto eterno che i beati  faranno/faremo nella Gerusalemme celeste. Nell’eucaristia chi celebra è tutta la comunità sotto la presidenza di Cristo che nel sacerdote si rende  presente  ma contemporaneamente la sua presenza c’è  in tutti i battezzati, sta qui il mistero della corresponsabilità. Pertanto, in quella celebrazione tutti siamo corresponsabili del mistero eucaristico, perché in Cristo formiamo una comunione. Dobbiamo prendere consapevolezza che la Chiesa a cui apparteniamo è ministeriale. S. Paolo ci insegna: “diversità di ministeri ma unità di missione”. Ogni ministero nella Chiesa è funzionale alla missione e di questo tutti ne siamo responsabili. C’è forse qualcuno che mi può impedire di raccontare le meraviglie che Dio ha fatto nella mia vita? C’è qualcuno che mi deve autorizzare a raccontare la gioia della GIOIA? Cioè la bellezza e la gioia di un incontro che ti cambia la vita? Cioè di quel di più di Dio che si è annullato, incarnandosi, patendo, morendo e che è Risorto. Di questo lieto evento tutti ne siamo responsabili!
 

giovedì 27 febbraio 2014

MONS. ROSARIO GISANA VESCOVO DI PIAZZA ARMERINA

Mons. Rosario Gisana vicario episcopale per la pastorale della diocesi di Noto è il nuovo Pastore della Diocesi di Piazza Armerina. L'Azione cattolica diocesana saluta con gioia il nuovo vescovo e si augura di poterlo incontrare presto per manifestargli l'amore e il bene di figli affettuosi che si rendono fin da subito disponibili per il servizio corresponsabile a cui ci vorrà chiamare. 
di seguito pubblichiamo il messaggio integrale  di Mons. ROSARIO GISANA
alla Comunità Diocesana di Piazza Armerina.
                                                                   

Carissimi,
            prendo spunto dalla preghiera di Paolo, che si legge in Ef 3,14-21, per rivolgere a tutti un affettuoso saluto. Mi dispongo a piegare le ginocchia davanti a Dio, perché non mi faccia mancare la sua assistenza nel condividere una paternità che è riflesso della sua bontà di Padre. I segni di tale misericordia sono presenti ovunque, e laddove germina il bene la paternità divina rifulge, assicura e accompagna (cfr. 1Cor 3,7). Chiedo con umiltà che la mia testimonianza di fede in mezzo a voi, protesa a rimarcare la potenza di Gesù crocifisso (cfr. 1Cor 1,17-18), possa richiamare questa paternità (cfr. 1Pt 1,3-5). Non importano le modalità di espressione, legate spesso alle proprie debolezze: quello che conta è che ogni gesto possa rimandare a Dio, affinché non si perda mai di vista la centralità della sua signoria nella nostra vita. Comprendo che questo servizio innerva ogni attività pastorale e dà alla fede un senso di autentica ecclesialità. Anche lo spirito di comunione, che dovrebbe circolare abbondante nelle nostre relazioni, nasce da quest’attenzione al regno di Dio in mezzo a noi. Fiducioso nella potenza di questo regno, condivideremo assieme la gioia della testimonianza di fede, la quale permetterà che il vangelo arrivi a tutti e in particolare a coloro che lo custodiscono per diritto: i poveri (cfr. Lc 4,18; 7,22). Tale impegno incita ad avere uno sguardo di solidarietà verso quanti vivono nel bisogno. Piegando le ginocchia, chiedo allora al Signore che la sua paternità mi plasmi, per ascoltare con il suo cuore grande (cfr. 2Pt 3,9) le vostre attese e le vostre inquietudini e per estendere insieme con voi l’amore sovrabbondante di Cristo a quanti faticano nell’accoglierlo.
     Sono grato a Dio per questo dono che siete voi. Egli vi rafforzi nella plasmazione dell’uomo interiore che è pienezza dell’inabitazione di Cristo (cfr. 1Cor 3,16-17). Ireneo, parlando dell’uomo interiore, fa capire che esso è segno visibile di comunione fraterna. Cristo ricapitola a sé ogni cosa e compie un atto d’amore gratuito: Egli «riunisce l’uomo allo Spirito, e colloca lo Spirito nell’uomo, per renderlo testa dello Spirito; e lo Spirito dà all’uomo di essere testa. Per mezzo di lui infatti noi vediamo, ascoltiamo e parliamo». Quanto afferma Ireneo nella sua opera Contro le eresie sembra esplicativo dell’espressione paolina «ricchezza della sua gloria», i cui segni si ravvisano proprio nel modo con cui si prova a condividere la comunione fraterna. Essa, che appartiene al dono della paternità di Dio, si attua migliorando il modo di incontrarsi: ci si vede reciprocamente con lo sguardo benevolo di Gesù, ci si ascolta con quella sensibilità che è soffocamento di ogni pregiudizio e ci si parla raccontando le meraviglie che il Signore compie nella nostra vita senza alcun merito. Ma quello che genera sbigottimento è che la nostra umanità, in virtù dell’amore di Cristo che oltrepassa ogni possibile conoscenza, si congiunge allo Spirito (cfr. Rm 8,9-11). La rappacificazione di ciò che in noi è sovente elemento di contrasto (cfr. Gal 5,17) è segno di quello a cui siamo stati chiamati per il battesimo: essendo già pienezza di Dio esercitiamo con gioia quella comunione fraterna in cui vigono le modalità dell’amore di Cristo.
     A questo tendo e guardo, confidando in ciò che opera in noi: ladynamis del vangelo, la forza straordinaria della presenza di Gesù. Nulla turbi la testimonianza della fede, sia perché essa è sollecitata dall’attesa di Colui che tornerà allo stesso modo con cui gli apostoli l’hanno visto ascendere al cielo (cfr. At 1,11), sia perché il suo amore magnificente continua ad operare il bene con quell’elargizione gratuita che abbiamo appreso dalla sua croce (cfr. Ef 2,14-18). Mi unisco così alla preghiera di Clemente Romano perché quanto oso affidare al Signore possa largamente compiersi nella vostra vita: «Tu infatti Signore del cielo e re dei secoli, dona ai figli degli uomini gloria, onore e autorevolezza su quanto esiste in terra; tu, o Signore conduce a buon fine il loro volere secondo ciò che è buono e gradito davanti a te, affinché, esercitando nella pace e con mitezza, in maniera devota, l’autorevolezza da te ricevuta, ti trovino misericordioso. Te solo capace di attuare questo bene per noi anche in modo sovrabbondante, te solo confessiamo nella fede per mezzo del sommo sacerdote e protettore delle nostre anime, Gesù Cristo, per il quale a te la gloria e la magnificenza di generazione in generazione ora e nei secoli dei secoli. Amen». 


Noto, 27.02.2014


                                                                    don Rosario 

lunedì 7 ottobre 2013

Il gruppo famiglie della parrocchia Itria di Barrafranca inizia il suo cammino di catechesi annuale. Quest'anno il gruppo sarà impegnato a riflettere sulla dimensione antropologica della vita cristiana. Cristo si è incarnato in un corpo umano e corruttibile per divinizzare la nostra materialità con il dono del suo Spirito. le coppie di sposi cercheranno di scoprire la bellezza della vita cristiana vissuta in gruppo. la caducità della vita umana a volte può scoraggiare, ma la forza dello Spirito vivificante dona freschezza e vita nuova alla realtà coniugale! Da oltre dieci anni il gruppo famiglie svolge la sua misisone pastorale al servizio delle famiglie, nella testimonianza e sostegno alle giovani coppie. La coppia responsabile, coniugi Restivo che da oltre dieci anni sono al servizio di questo gruppo, hanno dichiarato: "che il Signore è Grande e misiricordioso, Egli ci porta a servirlo dove desidera il suo cuore. in questi ultimi 15 anni siamo stati trasportati dal soffio dello Spirito nel gruppo famiglie di Barrafranca, dove abbiamo trovato un'accoglienza fraterna e sincera, insieme siamo cresciuti e  ci siamo impegnati a testimoniare Cristo Risorto."

venerdì 24 maggio 2013

I laici di Azione Cattolica chiamati ad Abitare il mondo da figli. Educare oggi alla corresponsabilità



Nella Bibbia il termine che meglio si avvicina al concetto di responsabilità è quello di “Custodia”.
Custodire vuol dire stare accanto a qualcuno con rispetto e amore, accompagnarlo nel suo cammino, coltivare la sua vita come bene assoluto, perché l’altro è un dono di Dio per noi (Nella cultura tribale il dono è pegno, simbolo di un legame, segno visibile della relazione tra due persone o fra tribù).  Se l’altro è dono di Dio per me, vuol dire che questa persona a cui devo stare accanto è il segno, il “pegno” dell’amicizia, della relazione tra me e Dio. Per questo motivo uno è custode dell’altro, responsabile della sua vita di fronte a Dio. Questa responsabilità non riguarda solo alcuni aspetti della vita dell’altro, ma la sua intera esistenza. Essere immagine e somiglianza di Dio significa, pure, essere custodi del creato, così come lo è Dio. L’atto del custodire è di noi cristiani, ma anche di tutta l’umanità. All’origine non ci sono cristiani e non cristiani, ma c’è l’uomo, maschio e femmina, quindi, è l’intera umanità che è chiamata a custodire il creato. La custodia è la chiamata a una responsabilità morale che investe ogni essere umano, in particolare i cristiani. Questo atto è molteplice: “ siamo chiamati a custodire Cristo nella nostra vita, per custodire gli altri, per custodire il creato”.  Seguendo gli insegnamenti di Papa Francesco, concretamente, è importante custodire le persone, ogni persona, e averne cura con amore. Avere cura l’uno dell’altro in famiglia, nella scuola, nella città, nei luoghi di lavoro, in parrocchia, in ogni luogo dove ci sono persone. È importante vivere con cura e sincerità tutte le relazioni, che sono un reciproco custodirsi nella confidenza, nel rispetto e nel bene. Non dobbiamo mai guardare a quello che potrebbe dividerci, ma a ciò che ci unisce, quello che ci fa essere figli, fratelli, amici in Cristo, per Cristo e con Cristo! Siamo chiamati, allora, a riflettere, seriamente, sull’importanza di “custodire e coltivare la vita”, per essere responsabili gli uni degli altri.  «L’uomo è custode del creato, dell’altro e di Dio, Egli, a sua volta, custodisce l’uomo in modo particolare nel suo Popolo, la Chiesa dell’Amore.». “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo figlio unigenito”. Ai battezzati è chiesto soltanto di essere testimoni di questo amore, adulti significativi, corresponsabili nell’opera di evangelizzazione. Questa chiamata per i soci di Azione Cattolica rappresenta l’ordinarietà della realtà associativa che si dipana nella quotidianità della vita, vissuta in tutte le relazioni con impegno e servizio per il bene comune. L’Azione cattolica è chiamata, in forza della sua singolare forma di ministerialità laicale, a farsi custode del mondo, per “abitarlo da figli” responsabili sempre al servizio dell’uomo, della Chiesa, dell’educazione, in comunione con tutti gli uomini e i nostri pastori. (G. Borgia)

martedì 30 aprile 2013

Abitare il mondo da figli Educare oggi alla corresponsabilità







Con la relazione di Franco Miano, presidente nazionale dell’Azione Cattolica Italiana, si è concluso questa mattina il Convegno delle Presidenze diocesane di Ac Abitare il mondo da figli. Educare oggi alla corresponsabilità. Più di 800 i delegati associativi provenienti da tutte le diocesi d’Italia che hanno partecipato alla ricca tre giorni di riflessione e confronto su un tema particolarmente caro ai laici di Azione Cattolica: la chiamata all’assunzione e alla condivisione di responsabilità, per tradurre negli ambiti del quotidiano l’essere fedeli al Padre. Nel solco del grande insegnamento proposto dal Concilio Vaticano II.
Sono giorni carichi di tensione e di attese quelli che il Paese sta vivendo. L’Azione Cattolica, esordisce il presidente Miano «è impegnata a far sì che non venga meno la speranza, restando accanto alle persone, accompagnandole, dando loro fiducia, facendosi prossimo, ma anche cercando, come Azione Cattolica, di rilanciare il tema della formazione dei cittadini, che appare sempre più centrale per il futuro della democrazia e del nostro Paese».
«Un impegno a favore della persona e della comunità che trova una sintesi in quello a favore della vita», ha proseguito il presidente nazionale Ac, ricordando la partecipazione dell’associazione alla campagna “Uno di noi” in difesa dell’embrione, «per consentire alla vita di esprimersi sempre e comunque pienamente». Una vita che diventa difficile, sottolinea Miano «quando il lavoro manca o è poco dignitoso, quando i giovani non possono esprimere la loro vocazione, quando le famiglie non riescono ad arrivare a fine mese». Anche in ragione di ciò, diventa strategico nelle parole del presidente dell’Azione Cattolica, «far crescere, impegnarsi per un nuovo umanesimo, aperto al trascendente, foriero di nuovi stili di vita, di un’etica della vita e di un’etica sociale, con al centro il senso e il valore della persona, della sua responsabilità e della sua libertà, in un’epoca in cui tutto l’uomo sembra aver perso importanza».
Con il Convegno delle Presidenze diocesane Ac si è aperto l’anno che porterà la più grande associazione italiana di laici cattolici alla sua XV Assemblea nazionale, in programma a Roma dall’1 al 4 maggio 2014. Molti gli appuntamenti nazionali, regionali e diocesani previsti per i mesi a venire e che vedranno l’Azione Cattolica protagonista. A partire dal grande pellegrinaggio dei movimenti, delle associazioni e delle aggregazioni laicali alla tomba dell’apostolo Pietro. L’Ac sarà con Papa Francesco per sperimentare, condividere e consolidare l’unità e il dono della comunione tra le diverse realtà che compongono la grande famiglia della Chiesa.
«Il nostro essere Azione Cattolica», ha ricordato il presidente nazionale, Franco Miano, «si caratterizza nella dimensione associativa e nell’impegno formativo ed educativo a servizio della Chiesa e del Paese. Per questo vogliamo e dobbiamo far sì che l’Ac sia sempre più una casa ospitale in cui si promuove e si fa crescere la responsabilità dei laici, soprattutto attenti alle realtà territoriali in cui si vive, potenziandone la dimensione ecclesiale, culturale e sociale. Ciò rappresenta certamente una grande sfida da accogliere con pazienza e gioia. Una sfida che diventa un servizio per la vita della Chiesa, per l’annuncio del Vangelo e per il futuro dell’associazione».
Roma, 28 aprile 2013