giovedì 28 febbraio 2013

Il “sogno” della comunione tra Chiesa Famiglia e Società Sfide e prospettive a 50 anni dal Concilio Siracusa, sabato 2 marzo 2013, ore 16.00 - Santuario Madonna delle Lacrime



 

 



Se è vero che nella Costituzione la famiglia si rileva non come istituzione posta a fondamento dei rapporti economici della società, ma essenzialmente, secondo la sua realtà originaria, come comunità naturale costituita dall’unione tra un uomo e una donna, con assunzione di reciproci diritti e doveri mediante il matrimonio, ove si sviluppa la persona umana in un contesto di reciproca solidarietà tra più generazioni; se è vero che il Concilio ci ha insegnato a considerare i genitori primi maestri della fede dei loro figli e ad attribuire alla loro azione educativa il compito di far intuire per primi la bellezza di una vita aperta al mistero di Dio e nel sacramento del matrimonio la grazia più grande in ordine alla comunicazione dalla fede; non è così vero che questo “sogno” della comunione tra il pensiero costituzionale e quello conciliare si riesca, in atto, a realizzarlo pienamente.
Una risposta di riflessione certo non definitiva alla “questione comunione” proverà a darla il decimo degli incontri pubblici promossi dalla Presidenza nazionale dell’Ac e dalle Delegazioni regionali dell’associazione in preparazione alla prossima Settimana sociale dei cattolici italiani. Sabato 2 marzo (con inizio alle ore 16.00) a Siracusa, presso il Santuario Madonna delle Lacrime, il convegno «Il “sogno” della comunione tra Chiesa Famiglia e Società. Sfide e prospettive a 50 anni dal Concilio» intende mettere in luce la dimensione sociale ed ecclesiale della famiglia nella concretezza dell’oggi, aiutati da mons. Calogero Peri, vescovo di Caltagirone, delegato della Cesi per la Famiglia e per i Giovani, dall’assessore regionale alla Famiglia Ester Bonafede, dal costituzionalista Luigi D’Andrea, dalla teologa Ina Siviglia e dal presidente nazionale dell’Azione Cattolica, Franco Miano. Modera i lavori Vincenzo Morgante, giornalista Rai Sicilia.
Presenti ai lavori mons. Salvatore Pappalardo, arcivescovo di Siracusa, mons. Giuseppe Costanzo, arcivescovo emerito del capoluogo siciliano, mons. Domenico Sigalini, assistente ecclesiastico generale dell’Ac.
«Immersi in una cultura che sembra spingerla in una prospettiva privatistica è necessario far riscoprire la famiglia - sottolinea Ninni Salerno, delegato regionale Ac Sicilia - nella sua dimensione essenziale: non realtà chiusa ma aperta e congiunta alla società e alla Chiesa. È una piccola chiesa dentro la comunità cristiana, prima e vitale cellula della società civile».
«La famiglia oggi è una realtà molto amata, ma anche parecchio discussa» - aggiunge ancora Ninni Salerno, evidenziando come «nelle società del nostro tempo il valore della famiglia trova un riconoscimento indiscusso e universale ma, paradossalmente, alla prova dei fatti è costretta a cedere terreno nelle grandi scelte del ciclo di vita - come quella di sposarsi o far nascere un figlio - quasi sempre filtrate da valutazioni di ordine economico e lavorativo. Sembra proprio che i progetti di formazione e di sviluppo delle famiglie si scontrano con una realtà sociale che ha fortemente bisogno di capitale umano, ma fa ben poco per sostenere la “fabbrica” in cui tale capitale viene prodotto e formato».
A Siracusa si cercherà di ripensare le politiche familiari, guardando, prima che ai bisogni di determinati individui o classi d’età, ad esempio bambini e anziani, al nucleo familiare in quanto tale. Recuperare la centralità della famiglia è l’unica strategia per restituire alle società urbane quella vitalità demografica da cui non può prescindere ogni progetto di sviluppo, doverosamente rispettoso del ruolo e del valore dell’uomo.

mercoledì 27 febbraio 2013

Grazie Santo Padre!




La Presidenza nazionale dell’Azione Cattolica Italiana e l’Associazione tutta si stringono a papa Benedetto XVI in occasione della sua ultima udienza generale, oggi in Piazza San Pietro.
In una giornata tanto importante per la vita della Chiesa, l’Azione Cattolica vuole ribadire il proprio grazie al Santo Padre. Un grazie per il suo pontificato e per il suo magistero, intenso e illuminato, ma anche per il profondo significato del suo gesto.
L’Azione Cattolica, come tutta la Chiesa, dopo l’iniziale sorpresa, prova un sentimento di grande ammirazione per Benedetto XVI, per averci riportato all’essenziale della fede: al fidarsi di Dio, all’affidarsi a Dio, che continuerà a guidare la Chiesa. Un messaggio semplice, ma di grande rilevanza. Un insegnamento che ci parla di una fede che non si oppone alla libertà. Libertà e fede, al contrario, si sostengono reciprocamente.
Il Santo Padre con la sua scelta ci ha fatto comprendere che sempre, in ogni situazione, ci dobbiamo mettere in ascolto di Dio e al suo servizio, con profondo senso di discernimento. Il Signore, infatti, chiama sempre, non soltanto nel momento in cui si assumono grandi responsabilità. Alla Chiesa, di cui finora è stato la guida, Benedetto XVI continuerà a essere vicino con la preghiera e con intenso affetto. La sua è dunque una lezione di stile, e di uno stile che è sostanza. Ci fa capire l’importanza di saper lasciare ma per continuare, a partire da ciò che conta. Ci invita a scoprire il Signore nella vita di ogni giorno, offrendo una testimonianza di tensione alla santità.
Quella di papa Benedetto XVI è la lezione di una gioia umile, semplice ma profonda. La gioia umile con cui i credenti, sia pure nelle difficoltà, testimoniano la fede in ogni ambiente di vita.
Proprio l’attenzione agli uomini e alla loro esistenza resta un’importante sottolineatura del pontificato di papa Benedetto XVI. Nel suo saper coniugare la preghiera con il pensiero, si è manifestata e si manifesta la vicinanza a tutti coloro che si pongono in ricerca di Dio e del senso della vita.
Il “Papa pensatore”, che riflette sulla centralità della persona, sul rapporto tra idee e persona, oggi ci consegna un silenzio non privo di pensiero ma ricco, pieno e fecondo.

Grazie, Santo Padre!

Roma, 27 febbraio 2013

Dichiarazione di Franco Miano, Presidente nazionale dell’Azione Cattolica Italiana sull’esito delle Elezioni politiche del 24 e 25 febbraio 2013




Non era un profeta di sventura chi chiedeva, in tempi non sospetti, la riforma della legge elettorale e un drastico rinnovamento – all’insegna della trasparenza e della moralità - della politica. Tante realtà della società civile, compresa l’Azione cattolica, si sono spese con forza per lanciare, su questi temi, messaggi chiarissimi a tutti i partiti. Ma nulla è stato cambiato.
L’esito del voto è dunque il frutto amaro di scelte, o meglio non-scelte, compiute con la vana speranza che anche l’Italia fosse rimasta placidamente immobile come la politica. Invece il Paese è cambiato, la crisi economica ha in parte aperto gli occhi e in tanti sono divenuti molto più esigenti verso la classe dirigente. È iniziato con senso d’inquietudine misto a frustrazione e protesta la ricerca di una nuova offerta politica più vicina alle esigenze dei territori e delle persone. Ma non si è trovato nei partiti cosiddetti “tradizionali” quella reale e radicale volontà di cambiamento che pure sembrava dover fare seguito ai fatti del novembre 2011. Allo stesso tempo, dobbiamo registrare come un dato di fatto la tendenza di larghe sacche di voto a costruire il consenso più intorno a promesse, miraggi o aneliti distruttivi che intorno alla reale situazione del Paese. A fronte di questo dato, occorre che ad interrogarsi siano non solo la politica ma anche tutte le realtà del panorama informativo, formativo ed educativo.
Ora dunque ci troviamo di fronte a un bivio. Centrodestra e centrosinistra hanno tra le mani primati d’argilla e risicatissimi. Possono usarli per insistere nella gara a chi colpisce con più forza le fondamenta e i nervi fragili del Paese. Oppure esercitarli con responsabilità. Coinvolgendo anche, in un nuovo clima di pace politica che sia preludio di pace sociale, la componente montiana e – per quanto possibile - la folta e giovane rappresentanza del Movimento 5 Stelle. Guardando al Paese, non mancano obiettivi che accomunano: in primis – stavolta da concepire come prima riforma, e non come ultima – il cambiamento dell’attuale orribile legge elettorale, vergogna democratica di cui portiamo lo stigma ovunque nel mondo; un pacchetto minimo di riforme istituzionali che snellisca lo Stato e le sue articolazioni sul territorio, riduca il numero dei parlamentari e della classe politica a ogni livello territoriale e diminuisca considerevolmente i costi della politica; una ricetta economica improntata a realismo per tenere insieme gli equilibri finanziari, la credibilità internazionale e sui mercati e il rilancio dell’economia attraverso la creazione di lavoro per i giovani e il sostegno alla famiglia.
In un momento in cui l’Italia ha gli occhi sgranati dinanzi ad uno spettacolo disarmante, l’Azione cattolica vuole ancora credere in un miracolo di corresponsabilità.

Roma, 26 febbraio 2013

venerdì 22 febbraio 2013

Messaggio della Presidenza della Conferenza Episcopale Italiana in vista della scelta di avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica nell’anno scolastico 2013-2014


Cari studenti e genitori,
nelle prossime settimane sarete chiamati a esprimervi sulla scelta di avvalersi
dell’Insegnamento della religione cattolica (Irc).
L’appuntamento si colloca in un tempo di crisi che investe la vita di tutti. Anche la scuola e i
contesti educativi, come la famiglia e la comunità ecclesiale, sono immersi nella medesima
congiuntura. Noi Vescovi italiani, insieme e sotto la guida di Benedetto XVI, animati dallo Spirito
Santo che abita e vivifica ogni tempo, vogliamo ribadire con convinzione che la «speranza non delude»
(Rm 5,5).
Sono proprio i giovani – ricorda a tutti il Santo Padre – che «con il loro entusiasmo e la loro
spinta ideale, possono offrire una nuova speranza al mondo… Essere attenti al mondo giovanile,
saperlo ascoltare e valorizzare, non è solamente un’opportunità, ma un dovere primario di tutta la
società, per la costruzione di un futuro di giustizia e di pace. Si tratta di comunicare ai giovani
l’apprezzamento per il valore positivo della vita, suscitando in essi il desiderio di spenderla al servizio
del Bene» (BENEDETTO XVI, Messaggio per la XLV Giornata Mondiale della Pace, 8 dicembre 2011).
Noi Vescovi vogliamo anzitutto ascoltare le domande che vi sorgono dal cuore e dalla mente e
insieme con voi operare per il bene di tutti. Lo abbiamo fatto nel redigere le nuove indicazioni per l’Irc
nella scuola dell’infanzia, del primo e del secondo ciclo, con l’impegno di sostenere una scuola a
servizio della persona. Siamo persuasi, infatti, che la scuola sarà se stessa se porterà le nuove
generazioni ad appropriarsi consapevolmente e creativamente della propria tradizione. L’Irc, oggi come
in passato, aiuterà la scuola nel suo compito formativo e culturale facendo emergere, “negli” e “dagli”
alunni, gli interrogativi radicali sulla vita, sul rapporto tra l’uomo e la donna, sulla nascita, sul lavoro,
sulla sofferenza, sulla morte, sull’amore, su tutto ciò che è proprio della condizione umana. I giovani
domandano di essere felici e chiedono di coltivare sogni autentici. L’Irc a scuola è in grado di
accompagnare lo sviluppo di un progetto di vita, ispirato dalle grandi domande di senso e aperto alla
ricerca della verità e alla felicità, perché si misura con l’esperienza religiosa nella sua forma cristiana
propria della cultura del nostro Paese.
Cari genitori, studenti e docenti, ci rivolgiamo a voi consapevoli che l’Irc è un’opportunità
preziosa nel cammino formativo, dalla scuola dell’infanzia fino ai differenti percorsi del secondo ciclo
e della formazione professionale, perché siamo convinti che si può trarre vera ampiezza e ricchezza
culturale ed educativa da una corretta visione del patrimonio cristiano-cattolico e del suo peculiare
contributo al cammino dell’umanità.
Riteniamo nostro dovere di Pastori ricordare, a tutti coloro che sono impegnati nel mondo della
scuola, le parole del Papa per questo Anno della fede: «Ciò di cui il mondo oggi ha particolarmente
bisogno è la testimonianza credibile di quanti, illuminati nella mente e nel cuore dalla Parola del
Signore, sono capaci di aprire il cuore e la mente di tanti al desiderio di Dio e della vita vera, quella che
non ha fine» (BENEDETTO XVI, Porta fidei, n. 15).
Roma, 26 novembre 2012
                                                                                                           LA PRESIDENZA
                                                                            DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

giovedì 14 febbraio 2013

Mario sturzo: un Vescovo educatore



     Mons. Mario Sturzo(1861-1941) è stato una figura poliedrica di vescovo, educatore, filosofo, pedagogista, poeta, maestro di spiritualità, uomo di profonda cultura, radicato nella tradizione ecclesiale ma anche aperto al dialogo con la società contemporanea. Prima da prete a Caltagirone e poi da vescovo a Piazza Armerina considerò primario il tema dell'educazione per la formazione delle persone con cui entrò in contatto.


          Ha scritto Umberto Chiaramente:  "Come il fondatore del PPI fu "maestro della società civile con le sue pubblicazioni tese ad educare alla democrazia, alla libertà, ai diritti e ai doveri della cittadinanza, così il vescovo Mario non tralasciò di educare con i congressi parrocchiali, con i corsi di esercizi spirituali agli uomini, con le numerose lettere pastorali... In sintesi, in don Luigi Sturzo tanto il sacerdozio quanto l'attività di amministratore pubblico non furono mai scissi, così come nel vescovo Mario la missione pastorale e quella di studioso ebbero un unico fine: migliorare l'istruzione e la preparazione della popolazione "per condurla alla fede risanando il pensiero e formando ad una vita migliore".

La famiglia
      I fratelli Sturzo, grazie all'impostazione di vita cristiana data dai genitori, Felice Sturzo e Caterina Boscarelli, ebbero la fortuna di trovarsi in un ambiente familiare moralmente sano e impregnato di spiritualità. Non deve meravigliare quindi che si riscontri in tutti i figli la vocazione alla perfezione cristiana.
       Mario e Luigi assieme alle sorelle Margherita, Remigia ed Emanuela - quest'ultima chiamata con il diminutivo di "Nelina" e gemella di Luigi - , contribuirono a rendere il loro nucleo sempre più sicuro nei principi cristiani e, specialmente, in quell'amore che si traduceva in dedizione reciproca e in efficace strumento per affrontare e risolvere gli immancabili problemi e i difficili momenti di ogni nucleo familiare. (Continua...)