Nell’attualità quotidiana, spesso, si sente parlare di nuove frontiere della comunicazione o di nuovi media, come i social network (Facebook, Twitter, ecc.) molti sono quelli che ne parlano. Parlare di nuovi media da semplici fruitori non sempre significa parlarne da competenti. Il rischio è quello di un generico entusiasmo o di un puerile scetticismo. L’atteggiamento più adeguato deve essere quello di persone competenti, come il pedagogista, ad esempio, il quale cerca di cogliere la dimensione educativa nelle cose che riguardano l’uomo, sia nella vita reale, sia in quella virtuale. Gli esperti parlano di "Famiglia digitale", perché il cellulare e i social network stanno assumendo un ruolo predominante nella relazione familiare. Tramite i nuovi media la famiglia può restare sempre connessa, ricongiungersi, estendere le proprie interazioni sociali (pensiamo alle amicizie in Facebook). Di fronte a questo scenario, nella logica digitale, si possono evidenziare delle fragilità che insidiano alcuni ambiti fondamentali della vita sociale:
1. sentiamo, spesso, dire che il tempo non basta, la perenne connettività prolunga il tempo lavorativo oltre i limiti della ferializzazione, invadendo anche il tempo festivo, ma anche il cosiddetto tempo libero, quando non ho niente da fare messaggio, navigo, videogioco, ecc.;
2. nell'era digitale cambia il rapporto tra dentro e fuori. La comunicazione con i nuovi media si presenta più facile, rapida, efficace. Di conseguenza, a un’eccessiva privacy degli adulti si contrappone una fuga dal privato dei giovani (vedi Facebook).
3. A livello relazionale la comunicazione è rapida, frammentaria, superficiale.
Tutti siamo chiamati a confrontarci quotidianamente con la realtà digitale, anche se a molti questo può non piacere. Penso che non paga né un eccessivo surriscaldamento affettivo, essere troppi remissivi, né l'effetto tenaglia o, peggio, assumere una posizione preconcetta, in base alla quale, comunque, si proibisce l'uso dei nuovi media. Mi pare importante, invece, promuovere una pedagogia dialogica che, nell'ottica della contrattazione, consente al genitore, ma anche all'educatore, di mantenere il suo diritto all'asimmetria educativa, contemporaneamente, permette di promuovere la responsabilità dei figli, ponendoli nella condizione di acquisire la consapevolezza di ciò che è buono e di quello che non lo è. Dunque, nell'era digitale, nei confronti dei nuovi media la proposta pedagogica valida è quella della "Mediaeducation", in altri termini, c'è bisogno di educare ai media e con i media. L'espressione "media educativi" si riferisce a un'ampia area di pratiche pedagogiche, didattiche e di ricerca che si possono ricondurre all'educazione con e ai media. L'educazione con i media riguarda la dimensione strumentale, cioè, quella concernente l’uso delle tecnologie e dei media nella prassi didattica o in quella educativa e formativa. L'educazione ai media si riferisce alla dimensione tematica e di contenuto, quella che appartiene all'educazione mediale, in questo caso ciò che interessa gli educatori sono i messaggi che si applicano ai media o che si veicolano attraverso questi nuovi “spazi sociali”. Il termine media, sostengono diversi autori, vive di una certa ambiguità semantica. Può essere inteso come mezzo e strumento della comunicazione o come protesi del corpo, secondo quanto sostiene McLuhan. In altri casi, il termine "media" si riferisce a ciò che sta in mezzo, che è mediano. Secondo questa accezione il "media" si qualifica come spazio di negoziazione di significati, come luogo simbolico dove si affermano percorsi educativi e dialettici, interpretazioni e manipolazioni ideologici. Nell'attuale contesto sociale le tecnologie si presentano come servizi, più che strumenti, pertanto, in forza del diffuso processo di convergenza digitale coincidono sempre di meno con uno specifico medium. Quindi, i nuovi media e le nuove tecnologie si prestano a funzionare, sia come oggetto, sia come supporto del processo educativo e didattico. Di conseguenza, media e tecnologie nella società incrociano l'educazione, la formazione e il mondo produttivo. Alla luce di quanto è stato detto, mi pare importante evidenziare che la Mediaeducation si qualifica come disciplina scolastica e accademica, non semplicemente come prassi didattica, proponendosi come un valido ausilio nella formazione e nell’educazione degli educatori, degli studenti e di quanti si occupano dei processi educativi. Per fare solo un esempio, pensiamo a quanto potrebbe essere fruttuoso, per la formazione dei futuri insegnanti di religione, degli operatori di pastorale e dei catechisti, inserire la Mediaeducation nel piano di studi dell'Istituto Superiore di Scienze Religiose o nella formazione dei futuri sacerdoti. Oggi, ci troviamo immersi in una società complessa, in un “mare sociale” sempre più liquido, spesso in tempesta. Per orientare le nuove generazioni necessitano direzioni di senso, pedagogicamente indirizzate verso un'educazione personalista che tenga alto il valore della dignità della persona umana.
1. sentiamo, spesso, dire che il tempo non basta, la perenne connettività prolunga il tempo lavorativo oltre i limiti della ferializzazione, invadendo anche il tempo festivo, ma anche il cosiddetto tempo libero, quando non ho niente da fare messaggio, navigo, videogioco, ecc.;
2. nell'era digitale cambia il rapporto tra dentro e fuori. La comunicazione con i nuovi media si presenta più facile, rapida, efficace. Di conseguenza, a un’eccessiva privacy degli adulti si contrappone una fuga dal privato dei giovani (vedi Facebook).
3. A livello relazionale la comunicazione è rapida, frammentaria, superficiale.
Tutti siamo chiamati a confrontarci quotidianamente con la realtà digitale, anche se a molti questo può non piacere. Penso che non paga né un eccessivo surriscaldamento affettivo, essere troppi remissivi, né l'effetto tenaglia o, peggio, assumere una posizione preconcetta, in base alla quale, comunque, si proibisce l'uso dei nuovi media. Mi pare importante, invece, promuovere una pedagogia dialogica che, nell'ottica della contrattazione, consente al genitore, ma anche all'educatore, di mantenere il suo diritto all'asimmetria educativa, contemporaneamente, permette di promuovere la responsabilità dei figli, ponendoli nella condizione di acquisire la consapevolezza di ciò che è buono e di quello che non lo è. Dunque, nell'era digitale, nei confronti dei nuovi media la proposta pedagogica valida è quella della "Mediaeducation", in altri termini, c'è bisogno di educare ai media e con i media. L'espressione "media educativi" si riferisce a un'ampia area di pratiche pedagogiche, didattiche e di ricerca che si possono ricondurre all'educazione con e ai media. L'educazione con i media riguarda la dimensione strumentale, cioè, quella concernente l’uso delle tecnologie e dei media nella prassi didattica o in quella educativa e formativa. L'educazione ai media si riferisce alla dimensione tematica e di contenuto, quella che appartiene all'educazione mediale, in questo caso ciò che interessa gli educatori sono i messaggi che si applicano ai media o che si veicolano attraverso questi nuovi “spazi sociali”. Il termine media, sostengono diversi autori, vive di una certa ambiguità semantica. Può essere inteso come mezzo e strumento della comunicazione o come protesi del corpo, secondo quanto sostiene McLuhan. In altri casi, il termine "media" si riferisce a ciò che sta in mezzo, che è mediano. Secondo questa accezione il "media" si qualifica come spazio di negoziazione di significati, come luogo simbolico dove si affermano percorsi educativi e dialettici, interpretazioni e manipolazioni ideologici. Nell'attuale contesto sociale le tecnologie si presentano come servizi, più che strumenti, pertanto, in forza del diffuso processo di convergenza digitale coincidono sempre di meno con uno specifico medium. Quindi, i nuovi media e le nuove tecnologie si prestano a funzionare, sia come oggetto, sia come supporto del processo educativo e didattico. Di conseguenza, media e tecnologie nella società incrociano l'educazione, la formazione e il mondo produttivo. Alla luce di quanto è stato detto, mi pare importante evidenziare che la Mediaeducation si qualifica come disciplina scolastica e accademica, non semplicemente come prassi didattica, proponendosi come un valido ausilio nella formazione e nell’educazione degli educatori, degli studenti e di quanti si occupano dei processi educativi. Per fare solo un esempio, pensiamo a quanto potrebbe essere fruttuoso, per la formazione dei futuri insegnanti di religione, degli operatori di pastorale e dei catechisti, inserire la Mediaeducation nel piano di studi dell'Istituto Superiore di Scienze Religiose o nella formazione dei futuri sacerdoti. Oggi, ci troviamo immersi in una società complessa, in un “mare sociale” sempre più liquido, spesso in tempesta. Per orientare le nuove generazioni necessitano direzioni di senso, pedagogicamente indirizzate verso un'educazione personalista che tenga alto il valore della dignità della persona umana.
(Guglielmo Borgia)
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