domenica 21 aprile 2013

“IO A MONREALE, FRATELLO TRA FRATELLI”



Nel suo messaggio di saluto alla Chiesa di Monreale emerge il desiderio di intraprendere con il popolo monrealese un percorso di fraternità e di dialogo.. dialogo con la storia e le radici, per approdare alle nuove generazioni … Al centro mette la carità, che è poi il motto del suo episcopato; come dire e definire, a partire dai bisogni della società contemporanea, il primato
della carità?

Vengo nella Chiesa di Monreale innanzitutto come fratello tra fratelli, cristiano tra cristiani come insegna Sant’Agostino: “Nel momento in cui mi dà timore l’essere per voi, mi consola il fatto di essere con voi. Per voi infatti sono vescovo, con voi sono cristiano. Quel nome è segno dell’incarico ricevuto, questo della grazia; quello è occasione di pericolo, questo di salvezza”.
Desidero, quindi, pormi in atteggiamento di dialogo, che presuppone l’ascolto sia del glorioso passato della Chiesa di Monreale, che affonda le sue radici nella rievangelizzazione della Sicilia dopo la dominazione saracena, sia della realtà presente con le sfide che vengono soprattutto dai giovani.
Per questo il centro è la Carità. Il primato della carità significa riaffermare il primato dell’amore di Gesù Cristo per me, quello stesso cioè che mi spinge ad amare i fratelli con la sua stessa carità. Tale primato, non può quindi, farci rinchiudere nel privato delle nostre case, ma deve spingerci ad un impegno concreto per cambiare la società perché, come sosteneva don Luigi Sturzo e diversi Papi, l’impegno sociale e politico sono fra le più alte forme di amore del prossimo.

Cosa l’esperienza episcopale di Piazza Armerina Le lascia come monito, impegno, da estendere
anche alla nostra realtà diocesana?

Per me è stata la prima esperienza pastorale da vescovo, in cui ho imparato il fecondo dialogo con le comunità ecclesiali della Diocesi insieme con le istituzioni civili presenti nel territorio. Una collaborazione attiva con il mondo della scuola, della cultura e del lavoro, che in qualche modo mi ha sorpreso e allo stesso tempo formato, perché mi ha permesso di coniugare la missione evangelizzatrice con la dimensione culturale e sociale della fede cristiana.
La sfida è stata quella di far dialogare mondi ritenuti indifferenti, se non addirittura lontani, alla vita della Chiesa con una radicata religiosità popolare del tessuto cristiano, che se da un lato fa respirare un autentico senso di ospitalità e solidarietà, non di rado pecca di un certo fatalismo latente.
Ecco perché penso che il bilancio su questi anni nella Chiesa di Piazza Armerina possa misurarsi con il ricordo sempre vivo della bellezza degli incontri fatti in particolare durante la visita pastorale: parrocchie, scuole, comuni, caserme, fabbriche, carceri, ospedali, case, strade e piazze dei paesi, ovvero nell’incontro con le persone, con i volti e con le storie di uomini, donne, bambini, autorità, sindacalisti, immigrati, poveri, disoccupati, ammalati e uomini di cultura ho potuto fare un’esperienza di fede indimenticabile che conserverò per tutta la vita. Continua...                (intervista di Giovanna Parrino)

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