giovedì 27 febbraio 2014

MONS. ROSARIO GISANA VESCOVO DI PIAZZA ARMERINA

Mons. Rosario Gisana vicario episcopale per la pastorale della diocesi di Noto è il nuovo Pastore della Diocesi di Piazza Armerina. L'Azione cattolica diocesana saluta con gioia il nuovo vescovo e si augura di poterlo incontrare presto per manifestargli l'amore e il bene di figli affettuosi che si rendono fin da subito disponibili per il servizio corresponsabile a cui ci vorrà chiamare. 
di seguito pubblichiamo il messaggio integrale  di Mons. ROSARIO GISANA
alla Comunità Diocesana di Piazza Armerina.
                                                                   

Carissimi,
            prendo spunto dalla preghiera di Paolo, che si legge in Ef 3,14-21, per rivolgere a tutti un affettuoso saluto. Mi dispongo a piegare le ginocchia davanti a Dio, perché non mi faccia mancare la sua assistenza nel condividere una paternità che è riflesso della sua bontà di Padre. I segni di tale misericordia sono presenti ovunque, e laddove germina il bene la paternità divina rifulge, assicura e accompagna (cfr. 1Cor 3,7). Chiedo con umiltà che la mia testimonianza di fede in mezzo a voi, protesa a rimarcare la potenza di Gesù crocifisso (cfr. 1Cor 1,17-18), possa richiamare questa paternità (cfr. 1Pt 1,3-5). Non importano le modalità di espressione, legate spesso alle proprie debolezze: quello che conta è che ogni gesto possa rimandare a Dio, affinché non si perda mai di vista la centralità della sua signoria nella nostra vita. Comprendo che questo servizio innerva ogni attività pastorale e dà alla fede un senso di autentica ecclesialità. Anche lo spirito di comunione, che dovrebbe circolare abbondante nelle nostre relazioni, nasce da quest’attenzione al regno di Dio in mezzo a noi. Fiducioso nella potenza di questo regno, condivideremo assieme la gioia della testimonianza di fede, la quale permetterà che il vangelo arrivi a tutti e in particolare a coloro che lo custodiscono per diritto: i poveri (cfr. Lc 4,18; 7,22). Tale impegno incita ad avere uno sguardo di solidarietà verso quanti vivono nel bisogno. Piegando le ginocchia, chiedo allora al Signore che la sua paternità mi plasmi, per ascoltare con il suo cuore grande (cfr. 2Pt 3,9) le vostre attese e le vostre inquietudini e per estendere insieme con voi l’amore sovrabbondante di Cristo a quanti faticano nell’accoglierlo.
     Sono grato a Dio per questo dono che siete voi. Egli vi rafforzi nella plasmazione dell’uomo interiore che è pienezza dell’inabitazione di Cristo (cfr. 1Cor 3,16-17). Ireneo, parlando dell’uomo interiore, fa capire che esso è segno visibile di comunione fraterna. Cristo ricapitola a sé ogni cosa e compie un atto d’amore gratuito: Egli «riunisce l’uomo allo Spirito, e colloca lo Spirito nell’uomo, per renderlo testa dello Spirito; e lo Spirito dà all’uomo di essere testa. Per mezzo di lui infatti noi vediamo, ascoltiamo e parliamo». Quanto afferma Ireneo nella sua opera Contro le eresie sembra esplicativo dell’espressione paolina «ricchezza della sua gloria», i cui segni si ravvisano proprio nel modo con cui si prova a condividere la comunione fraterna. Essa, che appartiene al dono della paternità di Dio, si attua migliorando il modo di incontrarsi: ci si vede reciprocamente con lo sguardo benevolo di Gesù, ci si ascolta con quella sensibilità che è soffocamento di ogni pregiudizio e ci si parla raccontando le meraviglie che il Signore compie nella nostra vita senza alcun merito. Ma quello che genera sbigottimento è che la nostra umanità, in virtù dell’amore di Cristo che oltrepassa ogni possibile conoscenza, si congiunge allo Spirito (cfr. Rm 8,9-11). La rappacificazione di ciò che in noi è sovente elemento di contrasto (cfr. Gal 5,17) è segno di quello a cui siamo stati chiamati per il battesimo: essendo già pienezza di Dio esercitiamo con gioia quella comunione fraterna in cui vigono le modalità dell’amore di Cristo.
     A questo tendo e guardo, confidando in ciò che opera in noi: ladynamis del vangelo, la forza straordinaria della presenza di Gesù. Nulla turbi la testimonianza della fede, sia perché essa è sollecitata dall’attesa di Colui che tornerà allo stesso modo con cui gli apostoli l’hanno visto ascendere al cielo (cfr. At 1,11), sia perché il suo amore magnificente continua ad operare il bene con quell’elargizione gratuita che abbiamo appreso dalla sua croce (cfr. Ef 2,14-18). Mi unisco così alla preghiera di Clemente Romano perché quanto oso affidare al Signore possa largamente compiersi nella vostra vita: «Tu infatti Signore del cielo e re dei secoli, dona ai figli degli uomini gloria, onore e autorevolezza su quanto esiste in terra; tu, o Signore conduce a buon fine il loro volere secondo ciò che è buono e gradito davanti a te, affinché, esercitando nella pace e con mitezza, in maniera devota, l’autorevolezza da te ricevuta, ti trovino misericordioso. Te solo capace di attuare questo bene per noi anche in modo sovrabbondante, te solo confessiamo nella fede per mezzo del sommo sacerdote e protettore delle nostre anime, Gesù Cristo, per il quale a te la gloria e la magnificenza di generazione in generazione ora e nei secoli dei secoli. Amen». 


Noto, 27.02.2014


                                                                    don Rosario 

lunedì 7 ottobre 2013

Il gruppo famiglie della parrocchia Itria di Barrafranca inizia il suo cammino di catechesi annuale. Quest'anno il gruppo sarà impegnato a riflettere sulla dimensione antropologica della vita cristiana. Cristo si è incarnato in un corpo umano e corruttibile per divinizzare la nostra materialità con il dono del suo Spirito. le coppie di sposi cercheranno di scoprire la bellezza della vita cristiana vissuta in gruppo. la caducità della vita umana a volte può scoraggiare, ma la forza dello Spirito vivificante dona freschezza e vita nuova alla realtà coniugale! Da oltre dieci anni il gruppo famiglie svolge la sua misisone pastorale al servizio delle famiglie, nella testimonianza e sostegno alle giovani coppie. La coppia responsabile, coniugi Restivo che da oltre dieci anni sono al servizio di questo gruppo, hanno dichiarato: "che il Signore è Grande e misiricordioso, Egli ci porta a servirlo dove desidera il suo cuore. in questi ultimi 15 anni siamo stati trasportati dal soffio dello Spirito nel gruppo famiglie di Barrafranca, dove abbiamo trovato un'accoglienza fraterna e sincera, insieme siamo cresciuti e  ci siamo impegnati a testimoniare Cristo Risorto."

venerdì 24 maggio 2013

I laici di Azione Cattolica chiamati ad Abitare il mondo da figli. Educare oggi alla corresponsabilità



Nella Bibbia il termine che meglio si avvicina al concetto di responsabilità è quello di “Custodia”.
Custodire vuol dire stare accanto a qualcuno con rispetto e amore, accompagnarlo nel suo cammino, coltivare la sua vita come bene assoluto, perché l’altro è un dono di Dio per noi (Nella cultura tribale il dono è pegno, simbolo di un legame, segno visibile della relazione tra due persone o fra tribù).  Se l’altro è dono di Dio per me, vuol dire che questa persona a cui devo stare accanto è il segno, il “pegno” dell’amicizia, della relazione tra me e Dio. Per questo motivo uno è custode dell’altro, responsabile della sua vita di fronte a Dio. Questa responsabilità non riguarda solo alcuni aspetti della vita dell’altro, ma la sua intera esistenza. Essere immagine e somiglianza di Dio significa, pure, essere custodi del creato, così come lo è Dio. L’atto del custodire è di noi cristiani, ma anche di tutta l’umanità. All’origine non ci sono cristiani e non cristiani, ma c’è l’uomo, maschio e femmina, quindi, è l’intera umanità che è chiamata a custodire il creato. La custodia è la chiamata a una responsabilità morale che investe ogni essere umano, in particolare i cristiani. Questo atto è molteplice: “ siamo chiamati a custodire Cristo nella nostra vita, per custodire gli altri, per custodire il creato”.  Seguendo gli insegnamenti di Papa Francesco, concretamente, è importante custodire le persone, ogni persona, e averne cura con amore. Avere cura l’uno dell’altro in famiglia, nella scuola, nella città, nei luoghi di lavoro, in parrocchia, in ogni luogo dove ci sono persone. È importante vivere con cura e sincerità tutte le relazioni, che sono un reciproco custodirsi nella confidenza, nel rispetto e nel bene. Non dobbiamo mai guardare a quello che potrebbe dividerci, ma a ciò che ci unisce, quello che ci fa essere figli, fratelli, amici in Cristo, per Cristo e con Cristo! Siamo chiamati, allora, a riflettere, seriamente, sull’importanza di “custodire e coltivare la vita”, per essere responsabili gli uni degli altri.  «L’uomo è custode del creato, dell’altro e di Dio, Egli, a sua volta, custodisce l’uomo in modo particolare nel suo Popolo, la Chiesa dell’Amore.». “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo figlio unigenito”. Ai battezzati è chiesto soltanto di essere testimoni di questo amore, adulti significativi, corresponsabili nell’opera di evangelizzazione. Questa chiamata per i soci di Azione Cattolica rappresenta l’ordinarietà della realtà associativa che si dipana nella quotidianità della vita, vissuta in tutte le relazioni con impegno e servizio per il bene comune. L’Azione cattolica è chiamata, in forza della sua singolare forma di ministerialità laicale, a farsi custode del mondo, per “abitarlo da figli” responsabili sempre al servizio dell’uomo, della Chiesa, dell’educazione, in comunione con tutti gli uomini e i nostri pastori. (G. Borgia)

martedì 30 aprile 2013

Abitare il mondo da figli Educare oggi alla corresponsabilità







Con la relazione di Franco Miano, presidente nazionale dell’Azione Cattolica Italiana, si è concluso questa mattina il Convegno delle Presidenze diocesane di Ac Abitare il mondo da figli. Educare oggi alla corresponsabilità. Più di 800 i delegati associativi provenienti da tutte le diocesi d’Italia che hanno partecipato alla ricca tre giorni di riflessione e confronto su un tema particolarmente caro ai laici di Azione Cattolica: la chiamata all’assunzione e alla condivisione di responsabilità, per tradurre negli ambiti del quotidiano l’essere fedeli al Padre. Nel solco del grande insegnamento proposto dal Concilio Vaticano II.
Sono giorni carichi di tensione e di attese quelli che il Paese sta vivendo. L’Azione Cattolica, esordisce il presidente Miano «è impegnata a far sì che non venga meno la speranza, restando accanto alle persone, accompagnandole, dando loro fiducia, facendosi prossimo, ma anche cercando, come Azione Cattolica, di rilanciare il tema della formazione dei cittadini, che appare sempre più centrale per il futuro della democrazia e del nostro Paese».
«Un impegno a favore della persona e della comunità che trova una sintesi in quello a favore della vita», ha proseguito il presidente nazionale Ac, ricordando la partecipazione dell’associazione alla campagna “Uno di noi” in difesa dell’embrione, «per consentire alla vita di esprimersi sempre e comunque pienamente». Una vita che diventa difficile, sottolinea Miano «quando il lavoro manca o è poco dignitoso, quando i giovani non possono esprimere la loro vocazione, quando le famiglie non riescono ad arrivare a fine mese». Anche in ragione di ciò, diventa strategico nelle parole del presidente dell’Azione Cattolica, «far crescere, impegnarsi per un nuovo umanesimo, aperto al trascendente, foriero di nuovi stili di vita, di un’etica della vita e di un’etica sociale, con al centro il senso e il valore della persona, della sua responsabilità e della sua libertà, in un’epoca in cui tutto l’uomo sembra aver perso importanza».
Con il Convegno delle Presidenze diocesane Ac si è aperto l’anno che porterà la più grande associazione italiana di laici cattolici alla sua XV Assemblea nazionale, in programma a Roma dall’1 al 4 maggio 2014. Molti gli appuntamenti nazionali, regionali e diocesani previsti per i mesi a venire e che vedranno l’Azione Cattolica protagonista. A partire dal grande pellegrinaggio dei movimenti, delle associazioni e delle aggregazioni laicali alla tomba dell’apostolo Pietro. L’Ac sarà con Papa Francesco per sperimentare, condividere e consolidare l’unità e il dono della comunione tra le diverse realtà che compongono la grande famiglia della Chiesa.
«Il nostro essere Azione Cattolica», ha ricordato il presidente nazionale, Franco Miano, «si caratterizza nella dimensione associativa e nell’impegno formativo ed educativo a servizio della Chiesa e del Paese. Per questo vogliamo e dobbiamo far sì che l’Ac sia sempre più una casa ospitale in cui si promuove e si fa crescere la responsabilità dei laici, soprattutto attenti alle realtà territoriali in cui si vive, potenziandone la dimensione ecclesiale, culturale e sociale. Ciò rappresenta certamente una grande sfida da accogliere con pazienza e gioia. Una sfida che diventa un servizio per la vita della Chiesa, per l’annuncio del Vangelo e per il futuro dell’associazione».
Roma, 28 aprile 2013

giovedì 25 aprile 2013

i giovani del MSAC a Giorgio Napolitano



Gli studenti di Azione Cattolica, riuniti in queste ore a Fiuggi per la Scuola di formazione per studenti (SFS) dal titolo “La scuola che verrà”, esprimono viva riconoscenza al Presidente Giorgio Napolitano per la scelta di dare la propria disponibilità a una ricandidatura.
Il Presidente della Repubblica – ancora una volta – ha dimostrato una grande lungimiranza e senso di responsabilità nel portare avanti il suo incarico, nonostante le molte fatiche più volte da lui stesso ribadite.
Il suo amore per la nostra nazione sia d’esempio per le attuali forze politiche: perché possano iniziare un dialogo costruttivo con lo sguardo al futuro e una seria assunzione di responsabilità.
Questo è l’appello dei più di mille studenti radunati in questi giorni a Fiuggi: l’entusiasmo che stiamo vivendo in queste ore possa raggiungere anche i nostri rappresentanti politici, per dare all’Italia una nuova stagione di speranza e unità.

domenica 21 aprile 2013

“IO A MONREALE, FRATELLO TRA FRATELLI”



Nel suo messaggio di saluto alla Chiesa di Monreale emerge il desiderio di intraprendere con il popolo monrealese un percorso di fraternità e di dialogo.. dialogo con la storia e le radici, per approdare alle nuove generazioni … Al centro mette la carità, che è poi il motto del suo episcopato; come dire e definire, a partire dai bisogni della società contemporanea, il primato
della carità?

Vengo nella Chiesa di Monreale innanzitutto come fratello tra fratelli, cristiano tra cristiani come insegna Sant’Agostino: “Nel momento in cui mi dà timore l’essere per voi, mi consola il fatto di essere con voi. Per voi infatti sono vescovo, con voi sono cristiano. Quel nome è segno dell’incarico ricevuto, questo della grazia; quello è occasione di pericolo, questo di salvezza”.
Desidero, quindi, pormi in atteggiamento di dialogo, che presuppone l’ascolto sia del glorioso passato della Chiesa di Monreale, che affonda le sue radici nella rievangelizzazione della Sicilia dopo la dominazione saracena, sia della realtà presente con le sfide che vengono soprattutto dai giovani.
Per questo il centro è la Carità. Il primato della carità significa riaffermare il primato dell’amore di Gesù Cristo per me, quello stesso cioè che mi spinge ad amare i fratelli con la sua stessa carità. Tale primato, non può quindi, farci rinchiudere nel privato delle nostre case, ma deve spingerci ad un impegno concreto per cambiare la società perché, come sosteneva don Luigi Sturzo e diversi Papi, l’impegno sociale e politico sono fra le più alte forme di amore del prossimo.

Cosa l’esperienza episcopale di Piazza Armerina Le lascia come monito, impegno, da estendere
anche alla nostra realtà diocesana?

Per me è stata la prima esperienza pastorale da vescovo, in cui ho imparato il fecondo dialogo con le comunità ecclesiali della Diocesi insieme con le istituzioni civili presenti nel territorio. Una collaborazione attiva con il mondo della scuola, della cultura e del lavoro, che in qualche modo mi ha sorpreso e allo stesso tempo formato, perché mi ha permesso di coniugare la missione evangelizzatrice con la dimensione culturale e sociale della fede cristiana.
La sfida è stata quella di far dialogare mondi ritenuti indifferenti, se non addirittura lontani, alla vita della Chiesa con una radicata religiosità popolare del tessuto cristiano, che se da un lato fa respirare un autentico senso di ospitalità e solidarietà, non di rado pecca di un certo fatalismo latente.
Ecco perché penso che il bilancio su questi anni nella Chiesa di Piazza Armerina possa misurarsi con il ricordo sempre vivo della bellezza degli incontri fatti in particolare durante la visita pastorale: parrocchie, scuole, comuni, caserme, fabbriche, carceri, ospedali, case, strade e piazze dei paesi, ovvero nell’incontro con le persone, con i volti e con le storie di uomini, donne, bambini, autorità, sindacalisti, immigrati, poveri, disoccupati, ammalati e uomini di cultura ho potuto fare un’esperienza di fede indimenticabile che conserverò per tutta la vita. Continua...                (intervista di Giovanna Parrino)