sabato 2 aprile 2011

INTELLIGENZA DELLA FEDE E UNIVERSO DEI MEDIA

“Dialoghi”, la rivista di approfondimento culturale dell’Azione Cattolica Italiana, ha raggiunto il traguardo dei suoi primi dieci anni: la ricorrenza è stata ricordata quest’oggi con la pubblicazione di Dialogando. Idee, pensieri, proposte per il nostro tempo (a cura di Luigi Alici, primo direttore della rivista, ed edito dall’Editrice AVE), volume che raccoglie alcuni dei più significativi contributi comparsi sulla rivista nel corso della sua storia, e con il seminario «Intelligenza della fede e universo dei media» tenutosi a Roma presso la Domus Mariae. Ha aperto i lavori il presidente dell’Ac, Franco Miano, che ha sottolineato come «per l’Azione Cattolica la rivista Dialoghi è una scommessa vinta. Essa è riuscita ad fondere e amalgamare il lessico della fede e quello della vita, facendo confluire attorno a essa un gruppo di persone impegnate in un esercizio costante di confronto, discernimento ed elaborazione culturale. In questo decennio, in cui la rivista ha mosso i primi passi, consolidandosi e crescendo in modo tenace e discreto il cammino dell’Uomo ha fatto emergere la centralità ineludibile della “questione antropologica”, il baricentro della progettualità pastorale si è spostato dalla domanda intorno alla comunicazione della fede in un mondo che cambia alla segnalazione di una sfida educativa che deve riscrivere da cima a fondo, in termini propositivi e non moralistici, la sintassi delle relazioni intergenerazionali». «Si avverte oggi nel mondo cattolico una certa resistenza, quando non aperta ostilità, nei confronti delle proprie elaborazioni culturali da parte dei media laici», e quanto ha affermato l’attuale direttore di “Dialoghi”, Piergiorgio Grassi, introducendo il tema del Seminario, «concetti e giudizi vengono stravolti, estrapolati dal loro contesto, e presentati all’opinione pubblica in una luce diversa da quella con la quale erano stati concepiti». Ha preso dunque la parola il primo dei due relatori, Luigi Accattoli, per molti anni vaticanista del “Corriere della Sera” e oggi curatore di un blog che ha raggiunto i 17.000 visitatori unici al mese. Tale esperienza gli fa dire che c’è molta più violenza sui mezzi di comunicazione di quanto non ve ne sia nella realtà: «Ci si ingiuria a Montecitorio, ma da Santoro ci si ingiuria sempre», ha efficacemente riassunto Accattoli. Ma il fenomeno, ha anche notato, si accentua nel caso dei nuovi media, dove l’anonimato, comunemente accettato sulla Rete, consente di esprimere giudizi che non si darebbero in un rapporto personale. La svolta si è avuta da quando i media sono diventati strumenti economici, capaci di raccogliere inserzioni pubblicitarie: le quali aumentano con le vendite. Il giornalismo così, anziché farsi specchio del dibattito in corso nella società, si è messo a cavalcarlo, ad alimentarlo: ha sviluppato pertanto un potenziale di violenza polemica un tempo assente. Inevitabilmente anche il fenomeno religioso viene deformato, usato o in chiave politica, o come notizia “leggera”, di folclore. Ciononostante Accattoli rimane convinto della possibile funzione morale del giornalismo, che in Rete ha anche maggiori possibilità di essere libero. E ha aggiunto, che anche in Internet è possibile trovare Dio, se chi ci naviga è in cerca almeno dell’uomo. Il secondo relatore, Luigi Alfieri, dell’Università di Urbino “Carlo Bo” – il quale si dichiara non credente – ha anteposto alla sua relazione, alcune riflessioni sul concetto di laicità: la religione è un fatto pubblico e la Chiesa, ogni Chiesa, è una comunità, chiamata ad agire sulla scena pubblica. La Chiesa cattolica in particolare si trova oggi nella paradossale situazione di essere accusata o di «parlare troppo», indicando modelli normativi anche ai non credenti, su dimensioni anche intime e personali come il tema della vita e della morte; o al contrario le si imputa di tacere, non condannando con la necessaria durezza comportamenti abusivi, prevaricatori o immorali. In tale fenomeno Alfieri riconosce un duplice disagio: quello della Chiesa nell’identificare con coerenza e piena consapevolezza campi e modi del suo intervento nella sfera sociale (ma anche la difficoltà a gestire con efficacia la comunicazione); c’è poi anche il disagio delle forze politiche e sociali riguardo alla loro legittimazione, credibilità, progettualità, che le porta a cercare nell’autorità della Chiesa un fattore di consenso o, al contrario, di dissenso. Ma in entrambi questi casi il rischio è che venga tradito il principio della laicità dello Stato. Alfieri auspica che si faccia finalmente chiarezza, rendendo un servizio sia alle istituzioni dello Stato, che alla stessa Chiesa.

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